sabato 7 marzo 2015

#Disastro #province: non c’è accordo nemmeno sui contenuti della riforma #Cortedeiconti

Per completare il disastro ed il caos della riforma delle province, cagionato dalla deleteria combinazione delle leggi 56/2014 e 190/2014, mancava solo l’aperto contrasto tra amministrazioni dello Stato su contenuti ed interpretazione delle norme.

Per quanto, a parole, alcuni esponenti del Governo ostentano sicurezza sull’esito positivo della riforma e sulla circostanza che nessuno dei 20.000 dipendenti delle province in sovrannumero sarà licenziato, i fatti raccontano una storia totalmente diversa. Per ottenere il risultato auspicato dal Governo e a fatica reperibile nella legge 190/2014 (che, tuttavia, contempla espressamente l’eventualità dei licenziamenti, a conferma che le parole del Governo non sono esattamente la fotografia della realtà), non c’è che una strada: prendere atto dei contenuti e della “ratio” (lo scriviamo tra virgolette, perché di razionale in questa riforma c’è davvero poco) della legge, così da attuarla in modo veloce, rigoroso e rispondente al fine: riordinare le funzioni, senza che vadano persi i servizi ai cittadini, nonché ricollocare il personale, senza il colpo fortissimo di migliaia di licenziamenti.

Occorrerebbe, inoltre, allo scopo, un coordinamento ed un accordo tra poteri, organi ed enti dello Stato: dunque tra Governo e regioni primi tra tutti, in quanto è nelle mani di questi la concreta attuazione della legge; poi, tra regioni, comuni ed amministrazioni dello Stato, perché queste attivino i processi di ricollocazione del personale; infine tra Governo e soggetti chiamati all’interpretazione delle norme, come, in particolare, Dipartimento della Funzione Pubblica, Ragioneria Generale dello Stato e sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Invece, si assiste ad un clamoroso disastro su tutta la linea. Il governo non ha ancora adottato il decreto che avrebbe dovuto vedere la luce il 28 febbraio, per determinare criteri utili a definire i processi di mobilità del personale soprannumerario; i comuni, nella gran parte, sono impegnati ad aggirare quanto più possibile i vincoli alle assunzioni imposti dal comma 424 della legge di stabilità; il Ministero della giustizia ha prima pubblicato un bando di mobilità che addirittura penalizzava dipendenti provinciali e province; poi, a seguito della circolare 1/2015, il Ministero con buon ritardo ha corretto il bando, ma senza prevedere la priorità esclusiva per i dipendenti provinciali; ancora, l’Agenzia delle entrate ha avviato un concorso per quasi 900 posti, che si tratta sostanzialmente di una progressione verticale sotto mentite spoglie a beneficio dei propri dipendenti, in ogni caso in chiaro contrasto con le previsioni della legge 190/2014.

La ciliegina sulla torta è, ora, applicata con cura dalla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Sicilia, col parere 27 febbraio 2015, n. 119, e Sezione regionale di controllo per la Lombardia, col parere 24 febbraio 2015, n. 85.

Le due sezioni regionali di controllo della magistratura contabile, mediante i pareri citati, entrano in scena, in aperta contraddizione con l’avviso espresso dalla circolare 1/2015 in merito all’impossibilità di attivare le mobilità tra amministrazioni pubbliche, per affermare esattamente l’opposto. Secondo la Corte dei conti, nonostante l’articolo 1, comma 424 (e 425) della legge 190/2014, è ancora possibile porre in essere la “mobilità neutra” tra enti.

Il presupposto di questa tesi, avanzata anche da parte della dottrina, è che l’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014 configura la ricollocazione per mobilità dei dipendenti in sovrannumero come mobilità non neutra, in quanto incide sulle risorse spendibili derivanti dal turn-over; pertanto, la mobilità neutra di cui all’articolo 30, comma 1, del d.lgs 165/2001, è ammessa perché non va ad intaccare il turn over ed è limitata solo dal tetto della spesa di personale previsto dall’articolo 1, comma 557 della legge 296/2006.

Al di là delle valutazioni di merito su tale parere, che come vedremo di seguito, risulta totalmente erroneo ed infondato, ciò che non può non considerarsi disdicevole è “il ciascun per sé” delle amministrazioni. La riforma delle province è stata annunciata come “la più grande occasione di riorganizzazione pubblica mai attivata”. Ma, sembra che del problema dei servizi da rendere ai cittadini e della ricollocazione di ben 20.000 (20.000, lo si sottolinea) lavoratori nessuno se ne debba fare carico.

Come è possibile che si consenta, senza alcun controllo e coordinamento preventivo, che ciascun ente agisca come meglio creda e, soprattutto, in evidente aggiramento dei commi 424 e 425? Come è possibile che ciò avvenga in presenza, per altro, della clausola di nullità di ogni assunzione che sia effettuata in violazione di quei commi? Come è possibile che i pareri della Corte dei conti non abbiano nemmeno lontanamente affrontato e risolto la questione della potenziale (diremmo, in realtà, certa) nullità delle “mobilità neutre”, per approfondire la loro argomentazione, che rimane monca dell’elemento più importante? Come è possibile che la magistratura contabile non abbia nemmeno pensato di concordare con la Funzione Pubblica un modo di vedere comune? Come è possibile che il parere della Sezione Lombardia addirittura corregga la circolare 1/2015, statuendo che il divieto di attivare le mobilità da esso enunciato sia limitato alle sole mobilità “non neutre”? Ma, quali sarebbero le mobilità “non neutre”?

Guardando ai contenuti dei pareri della magistratura contabile, si resta tanto più perplessi approfondendone spunti ed argomentazioni.

La Sezione Sicilia, intanto, enuncia un dato di partenza semplicemente falso e cioè che la legge 190/2014 sarebbe finalizzata all’attuazione della legge 56/2014. Spiace constatare che evidentemente la Sezione conosce poco la legge Delrio. Se davvero la si fosse attuata, infatti, non si sarebbero innescati i problemi scatenati dalla legge 190/2014 che, lungi dall’attuare la Delrio, si pone con essa in totale contrasto. Infatti, la legge 56/2014 all’articolo 1, commi8 92 e 96, lettera a), considera il riordino delle funzioni come una sorta di cessione di ramo d’azienda: le funzioni non fondamentali avrebbero dovuto essere cedute dalle province agli enti destinatari (regioni o comuni) con tutte le dotazioni finanziarie (entrata e spesa), di personale strumentali e patrimoniali, in applicazione dell’articolo 119 della Costituzione. I dipendenti delle province non sarebbero stati in sovrannumero, non si sarebbe nemmeno posto il problema dell’eventuale licenziamento ed avrebbero seguito, come sarebbe logico, le funzioni per assicurare che esse venissero svolte con medesime dotazioni ed expertise anche negli enti destinatari.

La legge 190/2014 smantella totalmente tutto questo, perché con lo “scippo” a regime di 3 miliardi alla spesa corrente delle province (che si somma a precedenti imposizioni per circa 1,630 miliardi da parte dello Stato e minori trasferimenti per 1,2 miliardi da parte delle regioni), non consente la “cessione di ramo d’azienda”. La legge 190/2014, infatti, dà il destro alla circolare 1/2015 per esplicitare che avverranno certamente delle mobilità di personale provinciale, totalmente slegate dal riordino delle funzioni.

Quindi, come si dimostra, la legge 190/2014 non attua nulla, anzi, si pone in contrasto con la riforma delle province.

E’ evidente, però, che se un interprete, per quanto autorevole come la Corte dei conti, parte da un presupposto sbagliato, anche le conclusioni cui giunge saranno sbagliate.

La Sezione Sicilia nel ritenere ammissibile la “mobilità neutra”, non solo parte da un presupposto erroneo, ma si mette sulla lunghezza d’onda dei comuni, tendente a trovare un sistema per aggirare il blocco delle assunzioni. Infatti, il parere risponde alla domanda espressa se vi sia la possibilità di agire “in deroga” al comma 424. E, secondo la Corte dei conti, evidentemente sì: la “deroga” sarebbe, appunto, la “mobilità neutra”.

Ora, c’è da chiedersi: ma, lo scopo della funzione di controllo collaborativo della magistratura contabile è fornire indicazioni su come applicare correttamente le leggi, oppure su come derogarle? Non dovrebbe essere ben noto, alla Corte dei conti, che le “deroghe” alla legge sono ammesse solo e nella misura in cui è la stessa legge a consentirle e disciplinarle, in via espressa? C’è da chiedersi come sia stato possibile considerare ammissibile una richiesta di parere volta all’evidenziazione del sistema per derogare ad una norma, che sanziona le proprie violazioni con la nullità, quando la Corte dei conti è estremamente rigorosa nel considerare inammissibili richieste di pareri spesso estremamente interessanti, letteralmente per cavilli sulla legittimazione attiva di chi sottoscrive le istanze. E’ davvero curioso che si possa essere dato seguito ad un quesito teso a verificare non come si attui una norma, ma come la si possa derogare.

Al di là del discutibilissimo intervento della Sezione Sicilia (la Sezione Lombardia ha agito sulla base di un quesito formalmente posto in altro modo, ma sostanzialmente pur sempre inteso a verificare come aggirare il congelamento delle assunzioni) sul piano dell’ammissibilità del quesito, è, comunque chiaro che il parere sulla legittimità di porre in essere tutt’ora e nonostante la legge 190/2014 le “mobilità neutre” è erroneo e da rigettare, proprio in quanto si crea, senza che la legge lo consenta, una deroga alla legge.

L’articolo 1,comma 424, della legge 190/2014 è un sistema chiuso e conchiuso: “Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità. Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le regioni e gli enti locali destinano, altresì, la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario. Fermi restando i vincoli del patto di stabilità interno e la sostenibilità finanziaria e di bilancio dell'ente, le spese per il personale ricollocato secondo il presente comma non si calcolano, al fine del rispetto del tetto di spesa di cui al comma 557 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il numero delle unità di personale ricollocato o ricollocabile è comunicato al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro dell'economia e delle finanze nell'ambito delle procedure di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Le assunzioni effettuate in violazione del presente comma sono nulle”. La nullità ivi prevista, investe le assunzioni, tutte le assunzioni, effettuate in violazione del comma. Cioè, si tratta di qualsiasi assunzione effettuata al di fuori della procedura ivi descritta e rivolta a destinatari diversi da quelli ivi indicati.

La “neutralità” della mobilità è un interessante argomento dottrinale, in realtà figlio del sistema giuridico a dir poco farraginoso esistente in Italia ed, in particolare, è un’eredità dei tetti alle assunzioni che da anni incidono l’organizzazione pubblica. Si tratta di un’argomentazione di natura esclusivamente finanziaria, finalizzata ad evidenziare che, pur in presenza di limiti di varia natura alle assunzioni, le amministrazioni pubbliche possono, tuttavia, assumere personale, laddove ciò non comporti la crescita della spesa pubblica corrente destinata al personale. La mobilità, dunque, è ammissibile (entro il tetto massimo della spesa ammesso dal comma 557 della legge 296/2006) perché appunto non comporta nuovi ingressi nei ruoli pubblici considerati nel loro complesso e, dunque, nuovi esborsi. Infatti, la mobilità neutra è ammessa solo tra enti vicendevolmente soggetti a restrizioni delle assunzioni, in modo che l’ente di provenienza del dipendente in mobilità non possa considerare la sua fuoriuscita come cessazione, sostituibile con un concorso pubblico e, quindi, con nuova spesa.

Ma, nel caso di specie, la neutralità non ha alcun rilievo per superare la declaratoria di nullità disposta dal comma 494, che non ha alcuna finalità finanziaria, ma solo sostanziale: congela le assunzioni, qualsiasi ne sia la fonte, per favorire la ricollocazione.

Si tratta, come ammette ed enuncia espressamente la Sezione Lombardia, di una lex specialis, tanto da avere anche durata limitata a soli due anni. Ma, poiché è una legge speciale, allora tutti gli istituti giuridici con essa non compatibili, non possono che considerasi in contrasto e, dunque, in violazione di essa. Né possono essere interpretati alla luce del diritto “ordinario”, derogato, esso sì e davvero, dalla legge speciale. Suona, infatti, davvero anacronistico il richiamo contenuto nel parere della Sezione Sicilia ad una circolare della Funzione Pubblica del 2008 ed al parere delle Sezioni Riunite della Corte dei conti 59/2010, sul tema della neutralità della mobilità: atti espressi ed emanati nell’ambito di un regime normativo totalmente diverso da quello temporaneamente introdotto e regolato dalla legge 190/2014.

E’ piuttosto clamorosa l’assenza, già richiamata sopra, di qualsivoglia considerazione da parte della Corte dei conti sulla clausola di nullità di ogni assunzione diversa da quella ammessa dai commi 424 e 425.

In effetti, la questione interpretativa, sempre interessante ed utile in sé, nel caso di specie, dovrebbe cedere il passo alla valutazione degli effetti potenziali che ogni lettura “derogatoria” del comma 424 comporta. Prima di esprimere valutazioni comunque incompatibili col diritto speciale introdotto dalla legge 190/2014, sarebbe il caso di verificare l’impatto anche solo potenziale dell’avviso che si intende esprimere.

E’ evidente che i pareri della Corte dei conti, se seguiti, espongono comunque gli enti al rischio della nullità delle loro assunzioni, rischio assolutamente non escluso da un atto, il parere, non dotato del potere di incidere sulla nullità ex lege, sì da escluderla. Il rischio è gravissimo. Gli enti potrebbero vedersi dichiarate nulle le assunzioni, anche tra anni e un certo numero di persone potrebbe restare senza lavoro, irrimediabilmente, a causa di letture fin troppo disinvolte di una norma la cui “ratio”, complessa quanto si vuole, non si sposa di certo con una piena libertà di assumere.

I pareri della Corte dei conti potranno, forse, allora, servire ad escludere la colpa grave in capo ai funzionari che abbiano dato corso alle assunzioni poi dichiarate nulle; ma non possono fornire argomento ad un giudice per escludere la nullità delle assunzioni stesse o per scongiurare il pericolo di richieste di risarcimento danni sia da parte del dipendente provinciale in sovrannumero ennesimo, rimasto senza lavoro a causa dell’utilizzo disinvolto della “mobilità neutra”, sia dell’eventuale lavoratore assunto con “mobilità neutra”, restato disoccupato a causa della dichiarazione di nullità del contratto.

Insomma, i pareri della Corte dei conti sembrano decisamente espressi con eccessiva leggerezza e non sufficiente focalizzazione sul tema affrontato.

O, all’opposto, potrebbero essere proprio caratterizzati da una vera e propria, grave, sottovalutazione degli effetti deflagranti. La Sezione Sicilia, infatti, sembra in parte consapevole di quanto la “mobilità neutra” possa influenzare negativamente la buona riuscita del difficilissimo processo innescato dalla legge 190/2014, quando afferma: “l’operatività della mobilità neutra, ancor prima che si avvii la procedura di ricollocazione del personale soprannumerario, potrebbe concretamente condizionare la successiva sistemazione del personale già in servizio presso gli enti provinciali impedendo l’inserimento dei predetti presso gli enti territorialmente più prossimo agli enti disciolti”. Ma, se così stanno le cose e così sono percepite dalla Corte dei conti, tale semplice constatazione sarebbe di per sé ragione evidente e sufficiente per comprendere che è esattamente questo motivo (insieme ad altri) che rende la “mobilità neutra” incompatibile con l’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014 e, dunque, consiste in una sua violazione che porta irrimediabilmente verso la sua nullità!

Non è chiaro che prima di sbloccare concorsi e mobilità neutre, occorre ricollocare i soprannumerari? Non è chiaro che la legge 190/2014 è una norma speciale, prevalente su quelle generali? Non è chiaro che non vale a nulla poggiare le interpretazioni su circolari o pareri non adeguati al regime speciale?

L’aspetto ancora meno convincente, poi, si reperisce nel parere della Sezione Lombardia, nella parte ove si afferma che “nell’ente in uscita, la provincia, infatti, vi è una correlata riduzione dei posti in organico e ciò esclude che tale mobilità possa essere considerata finanziariamente neutra”.

In sostanza, dunque, la Sezione Lombardia:

  1. a) ritiene ammissibile la mobilità neutra, pur essendo essa al di fuori del perimetro del comma 424 e, come ammette la Sezione Sicilia, ostacolo al corretto dipanarsi della ricollocazione dei soprannumerari;

  2. b) sostiene che i dipendenti provinciali in sovrannumero non potrebbero nemmeno partecipare alle mobilità “neutre”, nel tentativo di avere una chance in più, laddove le mobilità neutre ovviamente pregiudicano la loro posizione e il percorso di ricollocazione (per altro di durata di soli 24 mesi).


Insomma, la Sezione Lombardia giunge ad un’interpretazione della legge 190/2014 davvero aberrante: invece di evincere il favor verso la ricollocazione dei dipendenti soprannumerari, considera possibile una forma di mobilità che è un evidente ostacolo alla ricollocazione e ritiene esistere addirittura un disfavore per i dipendenti provinciali soprannumerari, considerati non in possesso dei requisiti per una mobilità neutra.

In questo modo, la Sezione distorce totalmente la ratio della legge 190/2014 e commette anche un errore clamoroso. Il fine della legge 190/2014 non è affatto, come afferma il parere, il solo risparmio di risorse pubbliche, ma anche e prevalentemente quello della ricollocazione del personale provinciale. Tanto da congelare le assunzioni. In ogni caso, le province sono eccome soggette a restrizioni, per più ragioni: perché soggette al patto di stabilità, ai tetti di spesa di personale e persino ad un totale ed assoluto divieto di assumere. Proprio perchè non possono assolutamente sostituire con nuove assunzioni il personale che va in mobilità verso altri enti, tali mobilità sono totalmente neutre, in piena coerenza con l’articolo 14, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito in legge 135/2012, pure richiamato dalla Sezione Lombardia come norma di rafforzamento della neutralità della mobilità!

Se fossero non affette da nullità (cosa che non è) le procedure di mobilità neutra, non solo potrebbero certamente partecipare i dipendenti in sovrannumero delle province, ma addirittura non potrebbero non avere agli occhi del giudice del lavoro evidente priorità rispetto ad ogni altro dipendente, visto che la mobilità per i dipendenti provinciali è finalizzata ad evitare il loro licenziamento, cosa che non è per qualsiasi altro dipendente non provinciale in sovrannumero.

Ragioniamo, adesso, al contrario. Esiste probabilità che assunzioni attente e rispettose del comma 424 risultino nulle? Nessuna. Esiste, invece, la probabilità che assunzioni fuori dal perimetro del comma 424, anche mediante mobilità, siano inficiate da nullità ed esposte a ricorsi da parte di dipendenti provinciali in sovrannumero eventualmente non ricollocati? Sì, certo e sono molte.

Resta da risolvere il problema della ratio del comma 424 che considera le mobilità dei dipendenti in sovrannumero come “onerosa” e da finanziare attraverso le risorse provenienti dal turn over.

Si tratta in realtà di un “autofinanziamento” dell’assunzione in mobilità, derivante proprio dall’impossibilità di applicare l’articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 56/2014, proprio perché reso inapplicabile dalla legge 190/2014 (a conferma dell’abbaglio preso dalla Sezione Sicilia).

Dunque, perché v’è la previsione normativa di “spesare” le mobilità dei dipendenti soprannumerari con le risorse del turn over? La risposta è semplice. Le assunzioni ex comma 424 non si computano ai fini del tetto di spesa disposto dall’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006; questo potrebbe comportare l’accrescimento a dismisura della dotazione organica di un ente, che “faccia man bassa” di dipendenti provinciale. La previsione che le assunzioni per mobilità ex comma 424 sia da contenere entro le risorse del turn over, scongiura il pericolo di un accrescimento delle dotazioni e dei relativi costi, e fa sì che le amministrazioni assumano sempre e solo entro la dotazione organica.

Dunque, il riferimento del comma 424 al turn over non è dovuto alla necessità di differenziare la mobilità ivi prevista dalla “mobilità neutra” per tenere questa in vita; lo scopo è, invece, disporre un un’unica fattispecie di mobilità ammessa nel biennio 2015-2016, finanziata dal turn over, perché non si superino le dotazioni organiche.

Il Ministro Madia ha confermato in un’intervista a Il Foglio che nel 2015 e 2015 le assunzioni in tutte le pubbliche amministrazioni sono bloccate. Evidentemente, a Palazzo Vidoni sta sfuggendo la cosa di mano, visto che la Corte dei conti la pensa esattamente al contrario.

L’unico sistema per conciliare le inconciliabili disposizioni della legge e gli intenti del Governo con le interpretazioni piuttosto ardite della magistratura contabile è ammettere, allora, che il sistema di mobilità guidato dalla piattaforma telematica di cui parla la circolare 1/2015 imporrà agli enti locali (e alle altre amministrazioni) di assumere i dipendenti provinciali in soprannumero, nonostante gli enti stessi mediante la mobilità “neutra” abbiano fatto fronte ai propri fabbisogni. Ma, si capisce bene che nessun’amministrazione accetterebbe simile imposizione.

Sperare in un pronto intervento del legislatore che chiarisca una volta e per sempre la questione è d’obbligo, anche per determinare definitivamente se compito della Corte dei conti è occuparsi di derogare alle leggi, oppure applicarle. Immaginare che questo avvenga davvero o, comunque, in tempi utili è difficile.

4 commenti:

  1. alessandra policardi11 marzo 2015 alle ore 20:05

    Gentilissimo, seguo sempre con interesse i suoi commenti sul disastro province; mi piacerebbe venisse approfondito, nel solito vuoto normativo, il tema dell'immediata esecutività o meno degli atti del Presidente della Provincia che ha assorbito le competenze della ex Giunta. Le bozze di statuto che ho visto girare rimandano al principio di "esecutività differita" stabilita per le delibere dal TUEL, salvo che venga dichiarata l'immediata esecutività ex art. 21-quater L. 241/90. L'inquadramento non mi convice...ci troviamo di fronte sicuramente ad un organo monocratico (il Presidente), di indirizzo politico, che ha assorbito le competenze della Giunta, ,ma è sufficiente questo per rimandare al regime previsto per le delibere? Salvo derogarvi rimandando al principio di immediata esecutività dei provvedimenti amministrativi? Grazie per l'attenzione. Alessandra (dipendente provinciale)

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  2. Scontiamo l'assenza di un dettato normativo, che apre spazi all'autonomia statutaria. Se vi sono spazi, gli statuti, allora possono scegliere le opzioni.

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  3. Patrizia Santambrogio13 marzo 2015 alle ore 11:12

    Ritengo che la Corte dei Conti si attenga allo stretto dettato della legge,lacunosa come sempre, perchè sarebbe ora di finirla conb l'abitudine tutta italiana di legiferare con circolari, a dispetto del vigente sistema delle fonti di diritto.
    Non è ammissibile che i comuni siano messi in condizione di non poter provvedere ai propri bisogni in attesa di decreti e chiarimenti e quant'altro per mesi e mesi.

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  4. A parte che la Sezione Puglia ha smentito le Sezioni Lombardia e Sicilia (il che va a disdoro della Corte dei conti), ciò che è ammissibile o no lo stabilisce la legge. Che di per sè è chiarissima: le assunzioni sono bloccate e basta. E' inconcepibile andare cercando indicazioni ulteriori che la legge non dà: ubi legi tacuit, noluit, Ciò che davvero non è ammissibile, allora, non è il blocco delle assunzioni, che ci sta tutto per ricollocare 20.000 (ventimila) persone. Non è ammissibile il contenuto di una riforma di questo genere, l'acquiescenze che se ne è data nell'opinione pubblica indifferente, il consenso che se ne è dato anche negli enti locali. Che, così, si accorgono, almento, di quali conseguenze simili riforme mal congegnate comportano.

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