domenica 26 aprile 2015

#province Mobilità: prevedibile #flop. #Caos senza fine

Domenica 26 aprile Il Messaggero, praticamente house organ del Governo e in particolare del Dipartimento della Funzione Pubblica, fornisce una notizia estremamente interessante: solo il 50% delle amministrazioni ha inserito i dati previsti dall’applicativo on line per la gestione della mobilità dei dipendenti provinciali in sovrannumero.

Dunque, alla fine del mese di aprile:

  1. le province debbono ancora inserire i dati del personale soprannumerario;

  2. mancano i dati di metà delle amministrazioni verso le quali i dipendenti provinciali in sovrannumero potrebbero essere trasferiti.


Detto in altri termini, al quarto mese dall’entra in vigore della legge 190/2014 non c’è ancora modo di far partire decentemente il sistema di incontro domanda/offerta dei lavoratori provinciali in sovrannumero.

In assenza, infatti, dei dati di tali dipendenti e, soprattutto, di larghissima parte delle disponibilità, i trasferimenti non possono essere operati, con buona pace delle disposizioni normative, che rivelano ogni giorno di più i loro incredibili difetti, accentuati, per altro, da esercizi di interpretazione normativa che avrebbero potuto e dovuto essere maggiormente meditati.

Ci si riferisce, in particolare, alla circolare interministeriale Funzione Pubblica e Affari regionali 1/2015, che ha avuto effetti deleteri per l’applicazione delle disposizioni.

Infatti, passaggi della circolare non del tutto sviluppati (sebbene chiari nella loro ratio) hanno autorizzato soprattutto regioni e comuni ad interpretazioni molto utilitaristiche dell’articolo 1, commi da 422 a 425, della legge 190/2014.

In particolare:

  1. molte province e i comuni hanno ritenuto di trarre dalla circolare l’assunto secondo il quale, nelle more dell’attivazione del portale informatico che ancora stenta a decollare, la mobilità “riservata” mediante bandi ai dipendenti provinciali potesse considerarsi:

    1. “volontaria”;

    2. riferita ai dipendenti provinciali di ruolo, tutti, anche se non formalmente collocati nelle liste dei soprannumerari;



  2. gli elenchi dei soprannumerari non fossero nominativi (sebbene nella circolare sia indicato il contrario).


Si tratta di valutazioni del tutto erronee. La mobilità certamente non è volontaria: è una mobilità obbligatoria, di natura speciale, non sorretta, se non per principi, dall’articolo 30 del d.lgs 165/2001, bensì dalle regole speciali appunto dei commi 424 e 425 della legge 190/2014. La mobilità non è per nulla estesa a tutti i dipendenti “di ruolo” delle province, ma solo a quelli inseriti nominativamente nelle liste dei soprannumerari, come del resto il Dipartimento della Funzione pubblica ha poi (tardivamente) chiarito nella nota a chiarimento della circolare.

Queste erronee valutazioni hanno determinato conseguenze ora difficili da rimediare. Da un lato, molte, troppe, province, anche in accordo con le organizzazioni sindacali che non hanno ben compreso delicatezza e complessità delle norme, hanno gestito le mobilità mediante avvisi riservati come un metodo per “sistemare” i dipendenti. Sono stati studiati meccanismi palesemente volti ad aggirare le previsioni normative, secondo i quali:

  1. le province non hanno individuato le liste nominative dei soprannumerari

  2. hanno concordato con i comuni che questi emanassero bandi per mobilità “volontari” e “riservata” aperti a tutti i dipendenti provinciali di ruolo

  3. hanno sostanzialmente agevolato accordi individuali tra dipendenti e sindaci, perché si predefinisse la destinazione del trasferimento;

  4. hanno acquisito dai comuni l’esito delle selezioni delle mobilità;

  5. sulla base di questi esiti, hanno inserito i dipendenti in lista di sovrannumero (prescindendo dalla riorganizzazione e dalla circostanza che essi fossero adibiti ad attività comprese o meno nelle funzioni non fondamentali);

  6. hanno espresso il nulla osta, così da perfezionare i trasferimenti.


Si tratta di un modus operandi palesemente in violazione del sistema operativo previsto dai commi 424 e 425 della legge e, come tale, fonte di nullità delle assunzioni effettuate e che danneggia i dipendenti soprannumerari, in particolare quelli adibiti alle funzioni non fondamentali, due volte. Infatti, tale sistema mette in competizione dipendenti provinciali adibiti a funzioni fondamentali, dunque destinati a restare, con i dipendenti destinati al sovrannumero, nelle procedure di mobilità, riducendo i già pochi posti sin qui disponibili; favorisce i dipendenti addetti alle funzioni fondamentali che si trovano di fronte a due opzioni: restare nell’ente, che già li garantisce dalla perdita del posto di lavoro, oppure andare a colpo sicuro in un altro ente, andando al posto di un dipendente che sarebbe soprannumerario e lasciandolo nella barca che affonda, esposto al rischio di andare in esubero l’1.1.2017.

Un modo di attuare la legge 190/2014 non solo illegittimo e fonte di nullità dei contratti, ma, come si vede, fortemente iniquo e penalizzante per i dipendenti realmente soprannumerari.

Un sistema che, oltre tutto, ha permesso ai sindaci di abituarsi a scegliersi quali dipendenti provinciali acquisire in base a criteri selettivi non proprio trasparenti.

Il tutto, spiega il flop della piattaforma. Informa, infatti, Il Messaggero che se solo il 50% delle amministrazioni ha inserito le disponibilità per le assunzioni, le più puntuali ad adempiere sono state le amministrazioni statali, cioè quelle che saranno coinvolte solo in un secondo momento nelle mobilità; quelle meno adempienti sono le regioni, ma, ovviamente, anche i comuni che adesso risultano refrattari ad un sistema di gestione della mobilità aperto e trasparente come quello che deriverebbe dalla piattaforma informatica.

Sempre Il Messaggero mette in rilievo la scoperta dell’acqua calda: cioè, che le liste dei lavoratori in sovrannumero debbono essere necessariamente nominative, non semplici elenchi di profili e mansioni. Le province, dal 24 aprile debbono inserire nell’applicativo nome e cognome dei dipendenti interessati, com’era ovvio e doveroso. Poiché, però, ancora nessuna provincia ha approvato gli elenchi nominativi, difficilmente il portale verrà popolato in tempi brevi.

Del resto, manca una sanzione espressa per gli enti che non imputino nell’applicativo i dati necessari per far partire la mobilità. Il che, aggiunto all’assenza di controlli, certo non scongiura il pericolo di ulteriori ritardi e caos gestionale.

La vera sanzione, tra renitenza delle regioni nel riordinare le funzioni, dei comuni e delle regioni nell’indicare nella piattaforma i posti disponibili, delle province ad inserire gli elenchi nominativi, la subiranno i 20.000 dipendenti provinciali in sovrannumero, per i quali passano i mesi ma non sia avvia il processo di ricollocazione che eviterebbe di esporli alla messa in disponibilità, con riduzione all’80% dello stipendio tabellare e alle soglie del licenziamento, superato il 31.12.2016, data che si avvicina sinistramente sempre di più, mentre l’ingestibile sistema immaginato dall’incauto legislatore si conferma una barca senza chiglia.

Tuttavia, in questa Babele, Il Messaggero si sente di rassicurare. Infatti, secondo il quotidiano per i dipendenti provinciali non ci sarebbe nulla da temere: “Il futuro di queste persone dipende in buona parte dalle scelte delle Regioni, chiamate a decidere con proprie leggi quali funzioni in precedenza gestite dalle Province intendano assorbire. Ma solo una parte finora ha provveduto. Sullo sfondo c'è quella che il governo ha sempre descritto come un'eventualità del tutto teorica, o addirittura inesistente: la perdita del posto di lavoro nel 2018, dopo i due anni previsti per questa procedura di ricollocamento e altri due di formale messa in mobilità”.

La stampa, insomma, continua a dare credito ad affermazioni estemporanee di rappresentanti del Governo, che sui media continuano a considerare “eventualità del tutto teorica, o addirittura inesistente” ciò che prevede la legge. Come se, insomma, le leggi si scrivessero per scherzo o per dare libero spazio alla creatività di Governo e Parlamento. Il fatto è che sarebbe il caso di smetterla di lasciar credere che le leggi siano scritte un po’ per celia, un po’ per non morire. L’articolo 1, comma 428, della legge 190/2014, sul punto è fin troppo chiaro: “Al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il personale interessato ai processi di mobilità di cui ai commi da 421 a 425 non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta, ivi comprese le città metropolitane, si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni dalla relativa comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità contributiva. Esclusivamente in caso di mancato completo assorbimento del personale in soprannumero e a conclusione del processo di mobilità tra gli enti di cui ai commi da 421 a 425, si applicano le disposizioni dell'articolo 33, commi 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

Non c’è articolo di giornale o intervista di Ministro o Sottosegretario che possa smentire quanto previsto dalla legge. Per smentirla, occorrerebbe modificarla per davvero, in Parlamento, prendendo atto di tutti i fallimenti raccolti in serie in questi mesi, invece di sfoggiare esercizi di retorica ed ottimismo, contro la logica e contro le stesse disposizioni espresse della legge che Ministri e Sottosegretari affetti da dichiarazionite tranquillizzante cronica hanno votato, si spera non a loro insaputa.

Nessun commento:

Posta un commento