Per quanto lo schema di decreto
legislativo attuativo della legge 124/2015 stia incontrando alcuni inciampi nel
suo iter, non si può negare che qualche primo risultato l’abbia già ottenuto.
Sta tutto nel comunicato della
Conferenza Stato-regioni dello scorso 27 ottobre: “La Conferenza Stato-Regioni, in seduta straordinaria, già convocata per
giovedì 27 ottobre 2016, è stata sconvocata”. E c’è anche il testo della “sconvocazione”.
Si dirà: ma come, salta la seduta
della Conferenza dedicata al parere che Anci ed autonomie locali avrebbero
dovuto rendere sul testo dello schema di decreto legislativo per contrasti tra
autonomie e Governo, e si è ottenuto qualche risultato?
Domanda retorica e mal posta. Il
risultato è chiaro e all’evidenza di tutti: il bellissimo neologismo
consistente nel verbo “sconvocare”.
L’iter della riforma della
dirigenza segna un punto importante nel progresso della lingua italiana, il
primo dopo il fondamentale “petaloso”.
Ancora la riforma non c’è, ma
intanto sarà possibile rivolgersi all’Accademia della Crusca, per ottenere il
battesimo del verbo “sconvocare”, coniato appositamente allo scopo.
Simile neologismo non potrebbe essere
più adatto. La riforma della dirigenza, infatti, è certamente una norma
caratterizzata da forti contrasti con la Costituzione, fonte di indebolimento
dell’apparato amministrativo e della politicizzazione della dirigenza,
subordinando l’interesse pubblico alle appartenenze di partito; inoltre è mal
concepita, il funzionamento delle procedure per incaricare i dirigenti, circa
36000, è ingestibile perché affidato a commissioni di appena 7 componenti tutti
di nomina governativa e già incaricati di compiti delicatissimi ed estremamente
impegnativi.
Insomma, si tratta di una
riforma pessima, come molte altre sono sin qui state elaborate in questi anni,
per prima quella delle province.
Dunque, nulla di un bruttissimo
neologismo come “sconvocare” si attaglia meglio alla fattispecie, visto che più
che una riforma si tratta di una “deforma” (neologismo per neologismo, almeno la
parola “deforma” non viene corretta automaticamente dal programma di
videoscrittura).
Qualcuno potrebbe osservare che
invece di utilizzare un verbo nuovo e scorretto, finchè l’esimia Accademia
della Crusca non darà un petaloso placet, si sarebbe potuto scrivere: “la
convocazione della seduta è revocata, sospesa, rinviata a data da destinarsi,
annullata”. Ma sarebbe stato un giro di parole troppo lungo, obsoleto, antico
ed inadeguato, rispetto alla modernità delle riforme, che richiedono velocità e
sedute convocate e sconvocate in modo dinamico, easy, cool e smart.
In attesa, dunque, della
riconvocazione della convocazione sconvocata, speriamo che l’Accademia della
Crusca sia veloce nel determinare la piena e legittima introduzione del verbo “sconvocare”
nella nostra lingua, ovviamente a condizione che la seduta plenaria dell’Accademia
non venga sconvocata prima.
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