E’ di questi giorni una campagna
di stampa molto sostenuta sull’incarico assegnato dal sindaco metropolitano
della città metropolitana di Firenze, che poi è il sindaco di Firenze, ad una
giovane laureata. Occasione delle ragioni di polemica è la circostanza che la
stessa giovane non aveva superato, poche decine di giorni prima, un concorso
pubblico indetto dalla medesima città metropolitana ed è figlia di un
magistrato della Corte dei conti che aveva chiesto l’archiviazione nell’ambito
di un procedimento per danno erariale nei confronti dell’ex premier, quando era
presidente della provincia.
Della cosa, informa Il Fatto
Quotidiano del 20 gennaio 2018, se ne interesserà l’Anac, per verificare se vi
siano irregolarità di vario genere.
Possiamo anticipare già l’esito:
per quanto la serie di coincidenze connesse alla nomina rilevate dalla stampa
rendano l’incarico dell’ente fiorentino non indifferente sul piano mediatico,
presupposti per evidenziare illegittimità o violazioni particolari di norme e
principi ben difficilmente potranno essere rilevati.
Infatti, l’incarico si sorregge
sulla frontiera oltre la quale ogni principio di merito, selettività,
eccellenza del curriculum, concorrenzialità, lotta ai conflitti di interesse,
si arresta: l’articolo 90 del d.lgs 267/2000. Il decreto del sindaco
metropolitano 26 ottobre 2017, n. 15, infatti, fonda l’incarico della giovane
laureata sull’articolo 90, comma 2, del Tuel, quale “figura specializzata in
ambito giuridico da destinare all’attuazione del “Patto per la Giustizia della
Città metropolitana di Firenze”, revisione dello Statuto e aggiornamento dei
Regolamenti”.
Perché l’articolo 90, che
disciplina i mitici uffici “di staff” è la norma che lascia nell’ordinamento
gli spazi per incarichi totalmente fiduciari, senza alcuna possibilità di
incidenza diretta dei principi indicati prima, quali applicazioni del più
generale principio di buon andamento posto dalla Costituzione?
Alla domanda è semplice
rispondere, perché la risposta è già contenuta, tutta, proprio nel testo
dell’articolo 90, che vale la pena, quindi, di riportare:
“Art. 90 - Uffici di supporto
agli organi di direzione politica
1. Il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di
uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della
provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di
indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti
dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente
deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato,
i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in
aspettativa senza assegni.
2. Al personale assunto con
contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto
collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.
3. Con provvedimento motivato della giunta, al
personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai
contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo
dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per
la qualità della prestazione individuale.
3-bis. Resta fermo il divieto
di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto
individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del
titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.
Disaggreghiamo le indicazioni
dell’articolo in esame, per evidenziare quello che dispone, insieme, anche e
soprattutto, a quello che non disciplina.
L’articolo 90:
1.
non richiede espressamente alcuna prova selettiva;
2.
non richiede espressamente specifici titoli di studio;
3.
non richiede espressamente specifica esperienza professionale;
4.
non richiede espressamente particolari contenuti del
curriculum;
5.
non richiede espressamente vi sia una verifica preventiva
dell’assenza di professionalità nell’ambito dell’ente;
6.
non pone alcun limite alla possibilità di inquadrare i
destinatari degli incarichi, i cui contratti possono, pertanto, classificarli
dalla categoria A fino alla dirigenza;
7.
non pone espressamente alcun limite alla retribuzione;
8.
non richiede espressamente alcuna particolare motivazione
sulla scelta del destinatario.
Verifichiamo, invece, i contenuti
positivi, cioè posti in modo espresso dalla norma:
a)
gli uffici di staff sono destinati al supporto delle funzioni
di indirizzo e controllo degli organi di governo locali;
b)
detti uffici di staff possono essere composti da dipendenti
dell’ente, oppure da personale assunto dall’esterno appositamente, con
contratto a tempo determinato;
c)
a detto personale si applica il contratto collettivo degli
enti locali (il che dimostra come l’inserimento avvenga mediante contratto di
lavoro subordinato e non con forme di collaborazione o lavoro autonomo);
d)
il trattamento accessorio legato alla produttività può essere
forfettizzato in un un’unica indennità;
e)
i dipendenti interessati non possono svolgere attività
gestionale, intendendosi come tale, in termini generali, quella specificata
nell’articolo 107 del d.lgs 267/2000 e negli articoli da 4 a 6 della legge
241/1990;
f)
ai dipendenti può essere attribuito un trattamento economico
anche fisso parametrato a quello dirigenziale, a prescindere dal titolo di
studio posseduto, sicchè persino chi disponga solo della terza media può essere
compensato con uno stipendio da dirigente.
Combinando tra loro i vari
elementi rilevati sopra, si comprende che nella sostanza l’articolo 90 del
d.lgd 267/2000 attribuisce ai sindaci, ai presidenti delle province ed anche ai
sindaci metropolitani un arbitrio totale e quasi insindacabile nell’assegnare
gli incarichi nel proprio staff.
Il che ha anche una ratio:
trattandosi di uffici al servizio diretto della funzione politica
(amministrazione e di controllo), che spesso tengono l’agenda dei vertici
politici e li assistono nella funzione più di relazione politica che di
produzione di atti e provvedimenti, un rapporto di fiducia stretto, che non
rinneghi la diretta connessione alla medesima appartenenza partitica, è
ammissibile (come ammette la sostanzialmente pacifica giurisprudenza della
magistratura contabile).
Unici limiti oggettivi
riscontrabili sono, ovviamente, il tetto di spesa di personale (media della
spesa del triennio 2011-2013) ed il tetto della spesa per il personale
flessibile.
Nel caso di specie, l’incarico è
stato assegnato ad una persona comunque laureata, inquadrata nella categoria D,
con una forfetizzazione del salario accessorio di 20.000 euro, impegnata in un
ambito coerente con la laurea in giurisprudenza posseduta.
Il decreto del sindaco
metropolitano non fornisce la minima traccia dell’espletamento di una procedura
selettiva o, comunque, di un confronto tra i requisiti dell’incaricata con
altri: ma, l’articolo 90 del Tuel, come visto sopra, non lo richiede
espressamente.
La novellazione apportata al
detto articolo 90 del Tuel dalla riforma Madia-1, il d.l. 90/2014, che ha
inserito il comma 3-bis, per altro, come è noto consente di attribuire un
compenso anche di livello dirigenziale a collaboratori dei vertici politici
privi dei requisiti per accedere alla dirigenza: la laurea. Ma, per come è
scritta la norma, basta anche la terza media.
L’indagine dell’Anac, pertanto,
difficilmente potrà giungere ad esiti diversi dalla constatazione dell’assenza
di rilievi amministrativi, considerato che l’articolo 90 è concepito in maniera
chiara come disposizione che assegna all’arbitrio della politica la scelta dei
soggetti da incaricare nei propri staff.
Si potrebbe osservare che l’Anac,
tuttavia, ha la possibilità di scandagliare la regolarità della decisione della
città metropolitana di Firenze, alla luce della normativa anticorruzione.
L’allegato 3 al Pna 2013 fornisce
l’esemplificazione del rischio connesso all’area del reclutamento del
personale, indicando due specifici rischi ipoteticamente da considerare utili
per il caso di specie:
- previsioni di requisiti di
accesso “personalizzati” ed insufficienza di meccanismi oggettivi e
trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e
professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire allo scopo
di reclutare candidati particolari;
- motivazione generica e
tautologica circa la sussistenza dei presupposti di legge per il
conferimento di incarichi professionali allo scopo di agevolare soggetti
particolari.
E’ evidente che qualsiasi
reclutamento o conferimento di incarico per sola via fiduciaria risulterà
sempre caratterizzato da insufficienti meccanismi oggettivi e trasparenti per
verificare il possesso dei requisiti del destinatario, specie se la norma alla
base, come l’articolo 90, non solo non richiede esplicitamente alcun
particolare requisito, ma addirittura consente di slegare totalmente
l’ammontare della retribuzione al possesso del titolo di studio.
In quanto alla motivazione
tautologica, che, cioè, ripete esclusivamente il precetto normativo o una
formula astratta, ma non spiega in alcun modo la ragione della decisione, il
decreto di incarico adottato dal sindaco metropolitano di Firenze ne pare
l’archetipo: “VISTO il curriculum presentato dalla dott.ssa […], assunto al
prot. generale della Città Metropolitana il 24/10/2017 al n. 0048613/2017 e
rilevato che sia rispondente ai requisiti previsti dalla d.C.M. n. 75 del
18/10/2017 per la figura oggetto dell’incarico”. Come si nota, la formula
si limita ad affermare che il curriculum sia “rispondente” a requisiti previsti
da una delibera, dalla cui lettura per altro si evince che non sono richiesti
requisiti, senza essere una vera motivazione, in quanto non si spiega l’unico
elemento necessario: perché quel curriculum sarebbe “rispondente” ai requisiti.
Ma, per rilevare eventuali
problemi dell’incarico alla luce del PNA 2013, l’Anac dovrebbe prima verificare
che la città metropolitana di Firenze abbia, col proprio piano triennale di
prevenzione della corruzione, abbia esteso i rischi connessi al reclutamento
anche agli incarichi fiduciari nello staff del sindaco metropolitano. Appare,
oggettivamente, improbabile che nella città metropolitana di Firenze, come in
qualsiasi altro ente locale, la fiduciarietà ai limiti dell’arbitrio consentita
dall’articolo 90 possa essere limitata in applicazione della normativa
anticorruzione.
Allora, semmai, il problema non è
la regolarità dell’incarico, che alla luce della normativa sin qui vista non
pare affetto da particolari vizi, bensì, come sempre, l’utilizzo eventualmente
della norma non conforme al suo fine.
Ricapitoliamo: il sindaco
metropolitano di Firenze assegna un incarico ai sensi dell’articolo 90 del
d.lgs 267/2000 ad una laureata in giurisprudenza, senza dare evidenza di aver
effettuato alcuna selezione e sulla base di un curriculum che non appare
particolarmente ricco e di spicco. Ma, tutto questo, come rilevato sopra, non appare
affetto da problemi. Che, invece, potrebbero sorgere se si presta maggiore
attenzione alla finalità dell’incarico: reperire una “figura specializzata
in ambito giuridico da destinare all’attuazione del “Patto per la Giustizia
della Città metropolitana di Firenze”, revisione dello Statuto e aggiornamento
dei Regolamenti”.
Siamo proprio certi che questa
“figura” sia coerente con l’esercizio delle funzioni di uno “staff” politico?
Leggiamo cosa è scritto nel
decreto di nomina, quando richiama le norme del regolamento sull’ordinamento
degli uffici e dei servizi, in proposito: “il Regolamento sull’ordinamento
degli Uffici e dei Servizi, approvato con D.G.P. n. 94 del 17/6/2014, come
modificato, al solo art. 14, con Atto del Sindaco metropolitano n. 43/2015, il
quale prevede: - all’art. 11 la possibilità di costituire “Uffici speciali”
con il compito di curare progetti speciali, anche limitati nel tempo, o
svolgere attività di ricerca, studio, elaborazione e attuazione di progetti di
immediato e rilevante interesse per l’Amministrazione; - all’art. 6, comma
5, che per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e per l’attuazione di
progetti specifici è istituito un Ufficio di staff del Presidente (ora Sindaco
metropolitano). Con apposita delibera viene determinata la composizione
numerica, i requisiti per la nomina e la tipologia del rapporto, nonché gli
importi economici che potranno essere corrisposti ai componenti dello staff”.
Scopriamo, allora, che come molto
di frequente avviene, mediante i regolamenti si modificano le disposizioni
normative, sulla base di una concezione erronea, ma incredibilmente diffusa sia
tra la politica, sia tra molti segretari comunali e dirigenti e funzionari, per
cui i regolamenti avrebbero la possibilità di disciplinare in modo diverso da
quanto dispongono le leggi l’ordinamento interno. Ma l’articolo 7 del d.lgs
267/2000, da leggere ovviamente in coordimento con l’articolo 117, comma 6,
della Costituzione, subordina chiaramente i regolamenti a Costituzione e legge,
privandoli del tutto della possibilità di modificare o integrare le
disposizioni normative: i regolamenti di organizzazione dettano, dunque, solo i
modi con cui gli enti si strutturano, ma non possono assegnare poteri di
incarico o procedure diverse da quelle previste dalla legge.
Ora, l’articolo 90 consente la
costituzione di uffici di staff e di incaricarvi anche personale esterno, solo
per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo di tipo politico
amministrativo.
A ben vedere, il compito di “attuazione
del “Patto per la Giustizia della Città metropolitana di Firenze”, revisione
dello Statuto e aggiornamento dei Regolamenti dell’ente”, in funzione del
quale è stato conferito l’incarico, ha ben poco a che vedere sia con
l’indirizzo politico amministrativo, sia col controllo.
E’ null’altro che un ufficio
speciale, che per altro:
1)
si assume una competenza istituzionale che non rientra nel
novero delle funzioni fondamentali delle città metropolitane, che non hanno
alcun titolo giuridico ad interessarsi delle questioni concerenenti lo
svolgimento della Giustizia; meritorio può essere immaginare collaborazioni tra
istituzioni, ma istituire uffici “speciali” e, comunque, dare incarichi (in
staff al sindaco metropolitano) per l’esercizio di funzioni non rientranti
nelle competenze istituzionali non è certamente rispondente ai principi di buon
andamento;
2)
nella deliberazione del consiglio metropolitano 75/2017 si
legge che la figura specializzata, incaricata ai sensi dell’articolo 90, non
solo deve curare il “patto per la Giustizia” (non si capisce a che titolo), ma
deve anche curare la revisione dello statuto e l’aggiornamento dei regolamenti
dell’ente: come se a questo scopo un ente quale la città metropolitana non
fosse dotato del consulente giuridico amministrativo che per legge deve rendere
queste attività, il segretario provinciale, o, comunque, di una compagine
amministrativa preparata allo scopo (l’insieme delle figure che seguono le
attività di sindaco, consiglio e giunta, oltre anche all’ufficio legale).
Allora, fermo restando che l’incarico
ai sensi dell’articolo 90 non appare affetto da vizi, molte perplessità desta l’utilizzo
dell’articolo 90 per fini ultimi che nulla hanno a che vedere con le finalità
degli uffici di staff, sì da destare molto forte la sensazione di un vizio di
eccesso di potere per sviamento: si utilizza, infatti, una norma, l’articolo 90
del Tuel, per scopi non conformi a quelli definiti dalla legge.
L’articolo 90, quale barriera
inespugnabile dell’arbitrio fiduciario, se utilizzato per simulare incarichi in
staff che, invece, sono di “line” e si sovrappongono alle funzioni ordinarie
delle strutture dell’ente (il che avviene per la revisione statutaria e dei
regolamenti), diviene un modo per eludere esattamente i principi di selettività,
professionalità, trasparenza sottesi al reclutamento dei dipendenti.
Nel caso di specie, pare che la
destinazione delle funzioni dell’incaricata sia a funzioni di studio e
consulenza o di alta specializzazione. Allo scopo, l’articolo 90, allora, non
ha alcuna pertinenza.
L’episodio dovrebbe far riflettere a fondo sulla necessità di chiarire
molto meglio i limiti (che comunque dovrebbero di per sé apparire evidenti) all’utilizzo
degli incarichi in staff, prendendo atto che l’articolo 90 si presta fin troppo
facilmente ad utilizzi distorti, appositamente pensati per bypassare concorsi,
selezioni e verifiche profonde sulla professionalità, previsti dalle modalità
ordinarie di reclutamento.
Come evidenzia lei queste fortunate coincidenze,certamente corrette dal punto di vista procedurale ma che nella sostanza scalzano la gerarchia delle fonti, vedono il concorso tra policici segretari comunale e dirigenti
RispondiEliminaGrazie Bassanini e suoi degni successori!
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