E lo dicemmo subito, il 4 maggio 2018, su Italia Oggi (si veda sotto) che la "pezza" della dichiarazione congiunta non sarebbe servita a nulla.
Puntualmente, la Corte dei conti, Sezione Puglia, con la delibera 99/2018, conferma la previsione che la dichiarazione congiunta vale zero e tiene aperto il caos di cui, appunto, scriviamo sin dall'indomani della stipulazione del contratto.
Era proprio così difficile, visto che ci era arrivato perfino chi scrive, prevedere tutto questo? Era proprio così impossibile eliminare il comma 7 dall'articolo 67 del Ccnl? E' normale che la Corte dei conti riapra al proprio interno contrasti come quelli già visti rispetto agli incentivi per le funzioni tecniche (la Sezione Puglia semplicemente pare ignorare la validazione al Ccnl data dalle Sezioni Riunite)? E' proprio così complicato capire che le questioni relative all'interpretazione dei contratti non vanno rivolte alla Corte dei conti, ma che occorre utilizzare lo strumento dell'interpretazione autentica prevista dal d.lgs 165/2001, articolo 49?
Sembra proprio che in qualche modo, nell'ordinamento, vari soggetti cerchino ripetutamente "l'incidente".
La "semplificazione" dei contratti, espressamente richiesta dalla riforma Madia, intanto, si rivolta nella tomba nella quale è sepolta.
ITALIAOGGI - NUMERO 104 PAG. 34 DEL 04/05/2018
SOLOENTILOCALI&PA
Anche dopo l'introduzione nel ccnl della dichiarazione congiunta
Infatti, il citato comma 7 dispone che i fondi della contrattazione decentrata, in applicazione dell'articolo 23, comma 2, del dlgs 75/2017, non possano comunque superare il tetto del 2016. Il che equivale ad affermare che gli incrementi stipendiali decisi dalla contrattazione collettiva invece di far lievitare il fondo corrispondentemente, lo erodono, perché non sarà il bilancio degli enti, ma il fondo stesso, a finanziare per esempio gli incrementi dei costi delle posizioni stipendiali di sviluppo acquisite a seguito di progressioni orizzontali e tutte le altre indennità finanziate dal fondo, connesse con lo stipendio tabellare.
Le parti stipulanti, il Governo e la Corte dei conti si sono accorti di questa «svista», tra le fonti del ritardo della stipulazione definitiva del Ccnl. E per rimediare si è pensato non di modificare l'articolo 67, comma 7, bensì di introdurre nel testo del Ccnl la seguente dichiarazione congiunta: «in relazione agli incrementi del Fondo risorse decentrate previsti dall'art.67, comma 2 lett a) e b), le parti ritengono concordemente che gli stessi, in quanto derivanti da risorse finanziarie definite a livello nazionale e previste nei quadri di finanza pubblica, non siano assoggettati ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti».
Tuttavia, al di là della circostanza che secondo la giurisprudenza del lavoro le dichiarazioni congiunte, non essendo un contenuto dell'accordo negoziale tra le parti, non hanno valore obbligatorio, i contenuti della clausola risolvono la questione solo in modo parziale.
Infatti, si consente di far crescere il fondo oltre il limite del tetto del 2016 solo per due specifiche grandezze: l'aumento di 83,20 euro previsto a decorrere dall'1.1.2019 per il personale che era in servizio a decorrere dal 31.12.2015; l'incremento del costo delle posizioni stipendiali di sviluppo.
Il fondo, però, finanzia anche altre importanti voci: per esempio tutte le indennità orarie connesse allo stipendio, che aumentano con lo stipendio stesso. La dichiarazione congiunta lascia, quindi, a carico del fondo, ad esempio, il maggior costo dello straordinario e dell'indennità di turno.
Inoltre, l'articolo 67, comma 7, è del tutto incompatibile con il precedente comma 2, lettera e): essa consente di incrementare i fondi del salario accessorio agli enti destinatari di trasferimento di personale, come ad esempio le regioni o gli enti da esse costituiti per la gestione delle politiche del lavoro, per effetto dell'articolo 1, commi 793 e seguenti della legge 205/2017. Lo scopo della norma è consentire all'ente che riceve i dipendenti di ampliare il proprio fondo, per non ridurre drasticamente le sue disponibilità in conseguenza dell'incremento della dotazione organica. Ma, se da un lato l'articolo 67, comma 2, lettera e), consente un poderoso incremento dei fondi per effetto dei trasferimenti di personale, però dall'altro il comma 7 impone il rispetto del tetto del 2016, è evidente che si va di fronte a contraddizioni in termini irrisolvibili ed al caos.
La soluzione prospettata, quella della dichiarazione congiunta, si rivela insufficiente. A ben vedere, è proprio l'articolo 67, comma 7, da considerare illecito e nullo. Infatti, estende arbitrariamente ed erroneamente alla contrattazione nazionale collettiva il divieto di incremento dei fondi che l'articolo 23, comma 2, del dlgs 75/2017 impone non a carico della contrattazione nazionale, bensì solo ed esclusivamente della contrattazione collettiva decentrata, come per altro testualmente indicato dall'ultimo periodo del citato comma 2 dell'articolo 23.
La dichiarazione congiunta, dunque, limitandosi a sole due voci tra quelle che costituiscono il fondo lo lascia ancora esposto ad importanti erosioni (che per gli enti di piccole dimensioni possono comportare l'impossibilità di finanziare straordinari e le stesse progressioni orizzontali) e a cortocircuiti interpretativi ed operativi, superabili solo con l'eliminazione totale della previsione erronea dell'articolo 67, comma 7, della preintesa.
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