mercoledì 24 aprile 2019

Il controllo collaborativo della Corte dei conti? Va abolito. Meglio il ritorno ai controlli preventivi

La vicenda dei diritti di rogito dei segretari comunali è paradossale. Per circa 3 anni la Corte dei conti ha insistito con interpretazioni tese a ritenere che ai segretari comunali con qualifica dirigenziale non spettassero i diritti di rogito, pur se in servizio in enti senza dirigenza.
Da subito, in modo diametralmente opposto, invece, i giudici del lavoro hanno sentenziato in decine e decine di cause il diritto dei segretari a percepire i diritti di rogito.
Finalmente, solo nel 2018 la Corte dei conti, per opera della Sezione Autonomie, ha deciso - sia pure in modo un po' riottoso - di porre fine a questo assurdo contrasto interpretativo.
Ma, com'era facile prevedere, gli strascichi vi sono ancora. Ne è testimonianza la deliberazione della Sezione regionale di controllo per le Marche 25/2019.

La Sezione è stata chiamata in causa da un comune condannato in sede di vertenza del lavoro al pagamento dei diritti di rogito arretrati, per avere un chiarimento rispetto al problema se al segretario i diritti spettino al lordo o al netto degli oneri previdenziali e fiscali. Facciamo una brevissima parentesi: anche questo è un problema autoprodotto dalla Corte dei conti.La Sezione delle Autonomie, infatti, con delibera 21/2015 ha affermato che detti diritti di rogito spettino al lordo: peccato che ai sensi dell'articolo 37, comma 1, lettera g), del Ccnl 16/05/2001 i diritti di segreteria, che comprendono quelli di rogito, facciano parte della struttura della retribuzione, sicchè gli oneri debbono intendersi a carico dell'ente e non possono essere scaricati sul lavoratore.
Siccome quel comune ha pagato il segretario al netto dei diritti, per altro eseguendo la sentenza che così ha disposto, l'ente ha chiesto alla magistratura contabile di tornare sul tema del pagamento al lordo o al netto, anche per raccogliere elementi in vista di una possibile azione della Procura contabile, alla quale il segretario, adempiendo ad un dovere d'ufficio, si è rivolto per comunicare questo pagamento contrario alla linea segnata dalla giurisdizione di controllo.
Inutile sottolineare che se la magistratura contabile non si fosse intestardita per anni a ritenere che i diritti di rogito non spettassero, non si sarebbe innescato l'immane contenzioso, non si sarebbe manifestato l'opposto giudizio del giudice del lavoro, non vi sarebbero state le sentenze di condanna; nè vi sarebbero problemi nella corretta quantificazione delle spettanze, se si applicasse il contratto - come doveroso - invece di tenere dietro a pareri creativi e non interpretativi delle norme.
Il parere della Sezione Marche appare, in questo contesto, stupefacente. Non tanto perchè in modo scontato non si pronuncia. La Sezione ricorda che "È stato infatti chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte che il parere del giudice contabile non può soccorrere laddove si sia in presenza non solo di una controversia giudiziaria in atto o conclusa, ma anche di una controversia potenziale. Ed è questa la situazione che ricorre nel caso che qui occupa, laddove una diversa modalità di attribuzione di detti emolumenti rispetto a quanto in precedenza disposto potrebbe dare luogo al rinnovarsi della controversia in sede civile. Al riguardo è significativo l’ente locale abbia rappresentato che la giurisprudenza del Tribunale di Ancona è orientata nel senso dell’attribuzione degli oneri accessori al netto e non al lordo degli oneri accessori, evidenziando che l’esatta quantificazione dell’emolumento in questione è stata oggetto di rivendicazione da parte di diversi segretari comunali: sicché, inevitabilmente, il responso di questa Sezione sarebbe destinato a confermare o a smentire siffatti precedenti giurisprudenziali, espressi dal giudice civile territorialmente competente per casi aventi identico oggetto; precedenti, peraltro, verosimilmente destinati a reiterarsi a seguito dell’insorgere di ulteriori controversie". Di seguito, la Sezione rafforza la propria valutazione di inammissibilità del quesito, proprio perchè è stata compulsata la Procura, allo scopo di evitare ogni "possibile interferenza con gli accertamenti riservati alla Procura regionale".
Quindi il parere conclude: "la richiesta di parere è anche oggettivamente inammissibile, giacché priva dei caratteri di generalità, in parte riguardante un’azione amministrativa già posta in essere ed in ogni caso interferente, sia per il pregresso che per il futuro, con l’attività di altri organi giudiziali".
Due riflessioni si impongono. La Sezione conferma che i pareri del controllo "collaborativo", ai quali si attribuisce una rilevanza enorme, non possono interessarsi di fatti concreti. Debbono riferirsi, quindi, ad istituti astratti, generali e non possono riferirsi ad un'attività amministrativa in corso.
Di fatto, le questioni che la Corte dei conti può trattare debbono essere, nella sostanza, qualcosa di simile a discussioni accademiche sulla teoria. Ma, gli enti avrebbero un bisogno disperato di atti di controllo vero, concreto, rivolti a decisioni da adottare o già adottate, ma ancora prive di efficacia. I controlli debbono servire ad evitare che si produca un danno, non a discettare di problemi generali; i controlli servono anche a dirimere contrasti interni agli enti; inoltre, dovrebbero avere lo scopo di prevenire le liti e dovrebbero essere soggetti a mezzi di tutela qualora non condivisi: ciò che è impossibile nei confronti dei pareri della Corte dei conti, perchè atti di giurisdizione e non di amministrazione di controllo. Quindi, per un caso concreto come quello connesso alla quantificazione dei diritti di rogito al lordo o al netto, la magistratura contabile non può aiutare. Ma, troppo spesso si è constatato che i pareri non solo non sono di aiuto, ma finiscono per costituire essi stessi fonte di complicazione operativa.
Esattamente come accaduto con la visione proposta dalla magistratura contabile sui diritti di rogito, sfociata nel contrasto assurdo con i giudici del lavoro. Andiamo, allora, alla seconda riflessione: se, come spiega la Sezione Marche, "il parere del giudice contabile non può soccorrere laddove si sia in presenza non solo di una controversia giudiziaria in atto o conclusa, ma anche di una controversia potenziale", la domanda viene spontanea: ma, allora, perchè le Sezioni di tutta Italia si sono incaponite a non dichiarare inammissibili le richieste di pareri sulla spettanza dei diritti di rogito, ed anzi hanno sempre risposto affermando che non spettassero, quando era chiarissimo, in un primo tempo, che vi sarebbero state controversie potenziali, ma soprattutto una volta che le controversie furono davvero attivate, con profusione di sentenze del tutto opposte e contrastanti con l'avviso che la magistratura contabile ha dovuto, poi, correggere anni dopo? E, ancora: quando e chi decide che il parere non possa essere espresso in presenza di controversie anche solo potenziali? Non è logico che dietro a richieste di parere, rese astratte e generali, vi sono ovvi problemi operativi concreti potenzialmente sempre oggetto di possibili contenziosi?
Infine: non pare evidente che in questo modo non si possa continuare e che il controllo collaborativo non sia considerabile - oggettivamente - utile ed efficace e che andrebbe con urgenza eliminato e sostituito con un controllo amministrativo preventivo, stile interpello tributario, capace di prevenire davvero contenziosi, ma agendo non su problemi generali, bensì su questioni concrete, concretissime, carne viva dell'azione amministrativa?

1 commento:

  1. Esatto: per le discussioni accademiche ci sono le riviste e non servono i pareri!

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