Il rinvio della decorrenza di efficacia del Dpcm attuativo dell'articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019 ha ottenuto il risultato che probabilmente chi ha richiesto lo spostamento dall'1.1.2020 al 20 aprile 2020 (tra questi, soprattutto e incredibilmente l'Anci, che pure aveva espresso il proporio "assenso tecnico" sul testo esaminato dalla Conferenza Stato città autonomie locali dell'11.12.2019 riportante la data dell'1.1.2020) si aspettava: la confusione sull'effettiva attivazione delle regole sulle assunzioni.
La domanda che tutti si pongono, infatti, ora è: poichè il Dpcm esplica i propri effetti dal 20 aprile 2020, è necessario o meno da quella data rivedere la programmazione dei fabbisogni e le regole sulle assunzioni?
Il tema, andando ancor più nel profondo è capire se nel 2020 gli enti, a partire dal 20 aprile, dovranno attuare le previsioni del Dpcm regolando il rapporto tra spesa di personale e media triennale delle entrate correnti facendo riferimento ai rendiconti approvati fino al 20 aprile 2020 e cioè quelli del 2018 per le spese e degli anni 2016, 2017 e 2018 per le entrate (e non si capisce se il fondo crediti di dubbia esigibilità valga per il 2018, ultimo anno del triennio, o per il 2019). Oppure se riferire le spese al 2019 e le entrate al triennio 2017, 2018 e 2019 (senza capire il fcde di quale anno sia, 2019 o 2020).
E' da dire che il problema si sarebbe posto egualmente anche se il Dpcm fosse entrato in vigore, come era opportuno, il primo gennaio 2020. Infatti, in ogni caso alla fine di aprile di ogni anno si approva il rendiconto della gestione.
Nel silenzio tanto dell'articolo 33, comma 2, del decreto crescita, quando del Dpcm, oggettivamente entrambe le opzioni possibili sono da ritenere percorribili. Non è un caso che la Conferenza Stato città - autonomie locali abbia rimesso ad una circolare esplicativa "salvifica" il compito di chiarire i molti aspetti laconici e sincopati del Dpcm, tra i quali spicca anche questo: se considerare il rapporto spesa di personale/entrate dinamico, oppure statico.
Parte della dottrina, (G. Bertagna, "Decreto assunzioni, il nuovo rendiconto non impone di rifare i calcoli", in Quotidiano Enti Locali dell'11.2.2020) si esprime in favore della staticità, sicchè l'approvazione del rendiconto 2019 non avrebbe influenza se non per l'annualità 2021, la cui programmazione parte dalla proposta del Dup, prevista per il prossimo mese di luglio.
L'Autore, quindi, afferma: "Non può quindi reggere la tesi, che qualcuno vorrebbe applicata quest'anno, che quando poi, al 30 aprile 2021, si approverà il rendiconto 2020, andranno rifatti i calcoli, perché altrimenti bisognerebbe dire che fino a quel momento l'ente non è stato in grado di conoscere i propri limiti, i propri spazi assunzionali e di fatto il tutto si tradurrebbe in un blocco di assunzioni, contro ogni ragionevole obiettivo del Decreto Crescita".
Vedremo se e cosa affermerà in merito la circolare, che si spera sia davvero "esplicativa". C'è da rilevare, però, che in attesa di questa circolare, la tesi dell'applicazione dinamica del Dpcm regge esattamente quanto la tesi dell'applicazone statica.
Intanto, occorre subito eliminare ogni equivoco: anche l'applicazione con i dati aggiornati a seguito dell'approvazione dei rendiconti 2019 non si tradurrebbe per nulla in un blocco delle assunzioni.
Il Dpcm non blocca nessuna assunzione, semplicemente fornisce regole per determinare la spesa che è possibile attivare. Regole basate sulla sostenibilità della spesa. Poichè le assunzioni movimentano spesa corrente, la normativa invita a verificare che le entrate correnti siano tali da poterne sostenere la dinamica.
La spesa per assunzioni, vista nella gabbia del turn over che la imprigiona da anni, è tendenzialmente fissa e ricorrente. Non lo è, invece, la spesa complessiva del personale, tenuta sotto controllo dall'obbligo di rispettare il tetto della media della spesa del triennio 2011-2013 o il tetto del 2008, per gli enti di piccole dimensioni. Basta attivare risorse variabili in più rispetto al consueto (evento molto frequente negli enti con il fondo di parte stabile soffocato dalle progressioni orizzontali) ed eccedere in incarichi a contratto o in staff, per accrescere il volume della spesa del personale con ritmi maggiormente celeri delle entrate. La normativa penalizza possibili azioni di correzione del rapporto spesa di personale/entrate, perchè "diluisce" queste ultime in una media triennale, rendendo quindi molto "anelastica" (cioè molto resistente a modifiche) tale grandezza.
Sapere, quindi, in corso d'anno se le assunzioni che si attivano nel 2020, alla luce prima di un sistema "vecchio", quello connesso al turn over e destinato a cadere a partire dal 20 aprile 2020, poi di una determinazione del valore soglia basato su dati non più recenti del 2018, appare grandemente utile, soprattutto per capire quali azioni compiere sul lato delle entrate.
Il bilancio di previsione, è bene ricordare, è triennale. "Accorgersi" solo nel 2021 che il rapporto spesa di personale/entrate del 2020, perfettamente computabile già da maggio 2020, comporti conseguenze magari di peggioramento del valore soglia, non appare certamente logico.
E' sicuramente corretto quanto afferma il Bertagna, in chiusura dell'analisi citata, laddove sottolinea che "sarebbe impensabile pretendere che nel 2020 si facesse una prima stima degli spazi assunzionali rispetto al 2018 in attesa di avere il rendiconto del 2019 per poi rifare, ancora una volta, i conti e scoprire, magari, che cambiando fascia di riferimento, le azioni assunzionali portate avanti fino a quella data sono in contrasto con i nuovi parametri. La programmazione deve permettere agli enti di poter assumere fin dall'inizio dell'anno ed è per questo che, come sopra evidenziato, il Dpcm ha individuato parametri certi e non modificabili. Diversamente, ahinoi, dovremmo solo vivere alla giornata e mandare in soffitta ogni idea di programmazione per far spazio all'improvvisazione ".
E' altrettanto corretto affermare che qualsiasi programmazione riferita ad eventi dinamici non può considerarsi statica, meno che mai quella legata a dati di bilancio. All'epoca del patto di stabilità, occorreva un monitoraggio periodico, per misure correttive, di ben maggiore portata, ampiezza e difficoltà di quelle connesse ad una misura delle assunzioni possibili, che restano sempore possibili, senza alcuna improvvisazione e senza alcun divieto, se l'ente comunque si mantenga nel solco del turn over: anche nei primi 4 mesi dell'anno, in attesa del rendiconto, assumere sarà possibile, se si stima il flusso dei deti e se, soprattutto, nel primo quadrimestre si assuma entro il turn over, nel caso in cui le stime evidenzino che il comune possa peggiorare il proprio valore soglia.
Infine, se le "azioni assunzionali portate avanti" fino al rendiconto sono in contrasto con i nuovi parametri è meglio, molto meglio, scoprirlo prima, ora, e non col rendiconto del 2020 da approvare nel 2021.
Infine, un'annotazione sicuramente inutile: l'articolo 227, comma 2, del d.lgs 267/2000 stabilisce che "Il rendiconto della gestione è deliberato entro il 30 aprile dell'anno successivo", non "non prima del" o "il". La preposizione "entro" significa "prima della fine di un lasso di tempo". Quindi, nulla vieta alle amministrazioni di approvare il rendiconto anche ben prima della scadenza. E, per altro, i conteggi e le attività partono da molto prima dell'approvazione formale e quindi i dati sono comunque conosciuti e conoscibili sempre con largo anticipo.
Detto questo, entrambe le tesi sono, come detto, sostenibili. Si tratta solo di aspettare la posizione ufficiale. Probabilmente, visto che il sistema delle autonomie locali vede con grande fastidio questa riforma, prevarrà la tesi della visione statica.
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