Un commissariamento zoppo, abbastanza
pomposo ed inutile, quello previsto dall’articolo 7-ter del d.l. 22/2020, come
convertito nella legge 41/2020.
Sarebbe, infatti, bastato semplicemente specificare quali deroghe al codice dei contratti sarebbero state ritenute utili e possibili, senza suscitare le complicazioni connesse alla funzione commissariale.
Invece la “moda” del
commissariamento, stile ponte sul Polcevera, vista la risonanza mediatica, ha
irresistibilmente attratto il legislatore che attribuisce a comuni e province
una competenza che già hanno (e che fin qui hanno gestito abbastanza male):
quella di mantenere in buon funzionamento le scuole.
Il commissariamento si rivela zoppo,
per una serie di ragioni:
1.
il commissario non è espressamente configurato
come organo separato e diverso dal comune;
2.
non si prevede una struttura commissariale a
supporto;
3.
non è prevista una contabilità separata;
4.
non si prevedono espressamente sub-commissari aventi
il ruolo di svolgere funzioni tecniche ed operative.
I commissari di comuni e
province, insomma, scontano l’assenza di un finanziamento statale ed una chiara
derivazione dalla Presidenza del consiglio dei ministri, sicchè sono soltanto
la pallida ombra della solida struttura commissariale
del Polcevera. Tanto, appunto, da non riuscire a capire concretamente il perché
del commissariamento.
Di fatto, andando a leggere le
scarne disposizioni normative, si evidenzia che all’ingrosso sindaci e
presidenti di provincia assumano, come commissari, alcune competenze delle giunte;
col paradosso, per altro, che nelle province e nelle città metropolitane
(competenti per le scuole e gli istituti superiori) le giunte nemmeno esistono
più per effetto della sciagurata e devastante riforma Delrio, quindi i
presidenti agiscono già, praticamente, da commissari. E comunque, sono loro ad
adottare i provvedimenti che prima spettavano alle giunte provinciali.
Il risultato è che risulta
alquanto nebulosa l’organizzazione alla quale debbono conformarsi gli enti.
Oltre tutto, il legislatore nel
prevedere le ampie deroghe al codice dei contratti si è dimenticato di dire
qualcosa: si deroga o no alla programmazione delle opere pubbliche e degli
acquisti?
L’articolo 7-ter, al comma 1,
dispone: “Al fine di garantire la rapida esecuzione di interventi di edilizia
scolastica, anche in relazione all'emergenza da COVID-19, fino al 31
dicembre 2020 i sindaci e i presidenti delle province e delle citta' metropolitane
operano, nel rispetto dei principi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea,
con i poteri dei commissari di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge
18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno
2019, n. 55, ivi inclusa la deroga alle seguenti disposizioni:
a) articoli 32, commi 8, 9, 11 e 12, 33, comma 1, 37, 77,
78 e 95, comma 3, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo
18 aprile 2016, n. 50;
b) articolo 60 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50, con riferimento al termine minimo per la ricezione delle offerte per tutte
le procedure sino alle soglie di cui all'articolo 35, comma 1, del medesimo
decreto legislativo, che e' stabilito in dieci giorni dalla data di
trasmissione del bando di gara”.
Tra i molti adempimenti che
rendono non certamente rapida l’esecuzione delle opere pubbliche, è presente
quello disposto dall’articolo 21 del d.lgs 50/2016, che, appunto, impone la
programmazione triennale. Chi lavora nei settori tecnici sa perfettamente che
la programmazione è regolata in modo asfissiante ed ipertrofico: le opere
pubbliche sono oggetto di un barocchismo giganteggiante di burocrazia quando
ancora sono semplicemente da immaginare e delineare, appunto con una
programmazione densa di adempimenti, tabelle, atti di programmazione.
Indubbiamente, la programmazione
è necessaria, specie sul piano economico finanziario. Ma, per come è
disciplinata, si concilia con le sbandierate esigenze di rapidità? La risposta è
no.
Poiché, però, manca nella
normativa la configurazione del commissario come ente autonomo e dotato di una
propria contabilità separata, si è portati a ritenere che nella sostanza
sindaco e presidente di provincia in qualità di commissari non possono che
avvalersi delle strutture amministrative comunali e provinciali, nonché dei
loro bilanci. Pertanto, la programmazione non pare possa essere derogata. Ma,
la programmazione è competenza dei consigli. Quindi, avremmo un commissario che,
ai fini dell’avvio delle attività di edilizia, in realtà appare comunque dipendere
da un altro organo, il consiglio comunale o provinciale, dominus della fase di
programmazione. E delle sue variazioni. Non un gran che, come commissariamento.
In concreto, i commissari quali
competenze eserciteranno? A giudicare dalle, si ribadisce, troppo scarne
previsioni normative:
a)
assunzione di ogni determinazione ritenuta
necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi;
b)
elaborazione e rielaborazione e approvazione dei
progetti (anche in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere
pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione
delle migliori pratiche). L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari
straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome
territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni
autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio la
prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di
beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di conclusione del procedimento
è fissato in misura comunque non superiore a sessanta giorni, decorso il quale,
ove l'autorità competente non si sia pronunciata, l'autorizzazione, il parere
favorevole, il visto o il nulla osta si intendono rilasciati, nonchè per quelli
di tutela ambientale per i quali i termini dei relativi procedimenti sono
dimezzati.
c)
redazione dello stato di consistenza e del
verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due
rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati,
prescindendo da ogni altro adempimento;
d)
vigilanza sulla realizzazione dell'opera e sul
rispetto della tempistica programmata;
e)
promozione di accordi di programma e le
conferenze di servizi, o parteciparvi, anche attraverso un proprio delegato;
f)
invito alle conferenze di servizi tra le
amministrazioni interessate anche soggetti privati, qualora se ne ravvisi la
necessita';
g)
promozione dell'attivazione degli strumenti
necessari per il reperimento delle risorse.
Insomma, alcune funzioni della
giunta (l’approvazione dei progetti, ma solo per i comuni); alcune funzioni del
Rup, alcune funzioni del responsabile degli espropri, alcune funzioni del
direttore dei lavori, alcune funzioni di fund raising. Soprattutto
funzioni di impulso, come se già sindaci e presidenti delle province, nell’esercizio
ordinario del proprio ruolo, non ne disponessero.
Se si avesse la dignità letteraria
del bardo di Stratford Upon Avon, si potrebbe affermare “molto rumore per nulla”.
Un rumore, però, che obbliga le
amministrazioni comunali e provinciali ad alcuni accorgimenti procedurali ed
operativi delle quali si sarebbe volentieri fatto a meno.
Infatti, gli enti dovranno
quanto meno:
1)
intestare i provvedimenti di approvazione dei
progetti al sindaco o presidente della provincia in qualità di commissario
straordinario ex lege (non occorrerà alcun provvedimento comunale o provinciale
di investitura);
2)
creare una sezione apposita in amministrazione
trasparente;
3)
porsi e risolvere il problema della competenza
all’adozione degli atti gestionali: approvazione del provvedimento a
contrattare e dell’aggiudicazione, nonché della sottoscrizione dei contratti. In
assenza di una struttura commissariale e della previsione di sub-commissari cui
delegare le funzioni, è aperta la strada:
a.
sia alla teoria dell’attrazione in capo ai
commissari anche delle competenze operative (dalla determinazione a
contrattare, all’aggiudicazione, alla sottoscrizione del contratto, con residuo
alla dirigenza dell’approvazione dei Sal e delle liquidazioni, nonché dei
collaudi finali);
b.
sia all’opposta teoria della conservazione delle
competenze gestionali in capo alla struttura amministrativa. Milita in favore
di questa seconda interpretazione la circostanza che in assenza di un’espressa
previsione di una struttura commissariale autonoma e con contabilità separata,
il commissario si avvale delle strutture dell’ente comune o provincia e,
quindi, questi enti applicano le disposizioni organizzative e le competenze
proprie.
Dunque, di commissariamento, sul
piano strettamente organizzativo, v’è piuttosto poco, ma a sufficienza per
intorbidire le acque e far confusione.
Restano, invece, le deroghe al codice
dei contratti. Molte di esse appaiono a loro volta pericolose
fonti di confusione e di contenzioso. I fatti ci diranno se ne sarà valsa
la pena. Temiamo di conoscere già la risposta.
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