mercoledì 10 giugno 2020

Sindaci e presidenti di provincia commissari per le scuole: come procedere, ma soprattutto, ne valeva la pena?

 

Un commissariamento zoppo, abbastanza pomposo ed inutile, quello previsto dall’articolo 7-ter del d.l. 22/2020, come convertito nella legge 41/2020.

Sarebbe, infatti, bastato semplicemente specificare quali deroghe al codice dei contratti sarebbero state ritenute utili e possibili, senza suscitare le complicazioni connesse alla funzione commissariale.

Invece la “moda” del commissariamento, stile ponte sul Polcevera, vista la risonanza mediatica, ha irresistibilmente attratto il legislatore che attribuisce a comuni e province una competenza che già hanno (e che fin qui hanno gestito abbastanza male): quella di mantenere in buon funzionamento le scuole.

Il commissariamento si rivela zoppo, per una serie di ragioni:

1.      il commissario non è espressamente configurato come organo separato e diverso dal comune;

2.      non si prevede una struttura commissariale a supporto;

3.      non è prevista una contabilità separata;

4.      non si prevedono espressamente sub-commissari aventi il ruolo di svolgere funzioni tecniche ed operative.

I commissari di comuni e province, insomma, scontano l’assenza di un finanziamento statale ed una chiara derivazione dalla Presidenza del consiglio dei ministri, sicchè sono soltanto la pallida ombra della solida struttura commissariale del Polcevera. Tanto, appunto, da non riuscire a capire concretamente il perché del commissariamento.

Di fatto, andando a leggere le scarne disposizioni normative, si evidenzia che all’ingrosso sindaci e presidenti di provincia assumano, come commissari, alcune competenze delle giunte; col paradosso, per altro, che nelle province e nelle città metropolitane (competenti per le scuole e gli istituti superiori) le giunte nemmeno esistono più per effetto della sciagurata e devastante riforma Delrio, quindi i presidenti agiscono già, praticamente, da commissari. E comunque, sono loro ad adottare i provvedimenti che prima spettavano alle giunte provinciali.

Il risultato è che risulta alquanto nebulosa l’organizzazione alla quale debbono conformarsi gli enti.

Oltre tutto, il legislatore nel prevedere le ampie deroghe al codice dei contratti si è dimenticato di dire qualcosa: si deroga o no alla programmazione delle opere pubbliche e degli acquisti?

L’articolo 7-ter, al comma 1, dispone: “Al fine di garantire la rapida esecuzione di interventi di edilizia scolastica, anche in relazione all'emergenza da COVID-19, fino al 31 dicembre 2020 i sindaci e i presidenti delle province e delle citta' metropolitane operano, nel rispetto dei principi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, con i poteri dei commissari di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, ivi inclusa la deroga alle seguenti disposizioni:

a) articoli 32, commi 8, 9, 11 e 12, 33, comma 1, 37, 77, 78 e 95, comma 3, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

b) articolo 60 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, con riferimento al termine minimo per la ricezione delle offerte per tutte le procedure sino alle soglie di cui all'articolo 35, comma 1, del medesimo decreto legislativo, che e' stabilito in dieci giorni dalla data di trasmissione del bando di gara”.

Tra i molti adempimenti che rendono non certamente rapida l’esecuzione delle opere pubbliche, è presente quello disposto dall’articolo 21 del d.lgs 50/2016, che, appunto, impone la programmazione triennale. Chi lavora nei settori tecnici sa perfettamente che la programmazione è regolata in modo asfissiante ed ipertrofico: le opere pubbliche sono oggetto di un barocchismo giganteggiante di burocrazia quando ancora sono semplicemente da immaginare e delineare, appunto con una programmazione densa di adempimenti, tabelle, atti di programmazione.

Indubbiamente, la programmazione è necessaria, specie sul piano economico finanziario. Ma, per come è disciplinata, si concilia con le sbandierate esigenze di rapidità? La risposta è no.

Poiché, però, manca nella normativa la configurazione del commissario come ente autonomo e dotato di una propria contabilità separata, si è portati a ritenere che nella sostanza sindaco e presidente di provincia in qualità di commissari non possono che avvalersi delle strutture amministrative comunali e provinciali, nonché dei loro bilanci. Pertanto, la programmazione non pare possa essere derogata. Ma, la programmazione è competenza dei consigli. Quindi, avremmo un commissario che, ai fini dell’avvio delle attività di edilizia, in realtà appare comunque dipendere da un altro organo, il consiglio comunale o provinciale, dominus della fase di programmazione. E delle sue variazioni. Non un gran che, come commissariamento.

In concreto, i commissari quali competenze eserciteranno? A giudicare dalle, si ribadisce, troppo scarne previsioni normative:

a)      assunzione di ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi;

b)      elaborazione e rielaborazione e approvazione dei progetti (anche in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche). L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di conclusione del procedimento è fissato in misura comunque non superiore a sessanta giorni, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, l'autorizzazione, il parere favorevole, il visto o il nulla osta si intendono rilasciati, nonchè per quelli di tutela ambientale per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati.

c)      redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento;

d)      vigilanza sulla realizzazione dell'opera e sul rispetto della tempistica programmata;

e)      promozione di accordi di programma e le conferenze di servizi, o parteciparvi, anche attraverso un proprio delegato;

f)       invito alle conferenze di servizi tra le amministrazioni interessate anche soggetti privati, qualora se ne ravvisi la necessita';

g)      promozione dell'attivazione degli strumenti necessari per il reperimento delle risorse.

Insomma, alcune funzioni della giunta (l’approvazione dei progetti, ma solo per i comuni); alcune funzioni del Rup, alcune funzioni del responsabile degli espropri, alcune funzioni del direttore dei lavori, alcune funzioni di fund raising. Soprattutto funzioni di impulso, come se già sindaci e presidenti delle province, nell’esercizio ordinario del proprio ruolo, non ne disponessero.

Se si avesse la dignità letteraria del bardo di Stratford Upon Avon, si potrebbe affermare “molto rumore per nulla”.

Un rumore, però, che obbliga le amministrazioni comunali e provinciali ad alcuni accorgimenti procedurali ed operativi delle quali si sarebbe volentieri fatto a meno.

Infatti, gli enti dovranno quanto meno:

1)      intestare i provvedimenti di approvazione dei progetti al sindaco o presidente della provincia in qualità di commissario straordinario ex lege (non occorrerà alcun provvedimento comunale o provinciale di investitura);

2)      creare una sezione apposita in amministrazione trasparente;

3)      porsi e risolvere il problema della competenza all’adozione degli atti gestionali: approvazione del provvedimento a contrattare e dell’aggiudicazione, nonché della sottoscrizione dei contratti. In assenza di una struttura commissariale e della previsione di sub-commissari cui delegare le funzioni, è aperta la strada:

a.       sia alla teoria dell’attrazione in capo ai commissari anche delle competenze operative (dalla determinazione a contrattare, all’aggiudicazione, alla sottoscrizione del contratto, con residuo alla dirigenza dell’approvazione dei Sal e delle liquidazioni, nonché dei collaudi finali);

b.      sia all’opposta teoria della conservazione delle competenze gestionali in capo alla struttura amministrativa. Milita in favore di questa seconda interpretazione la circostanza che in assenza di un’espressa previsione di una struttura commissariale autonoma e con contabilità separata, il commissario si avvale delle strutture dell’ente comune o provincia e, quindi, questi enti applicano le disposizioni organizzative e le competenze proprie.

Dunque, di commissariamento, sul piano strettamente organizzativo, v’è piuttosto poco, ma a sufficienza per intorbidire le acque e far confusione.

Restano, invece, le deroghe al codice dei contratti. Molte di esse appaiono a loro volta pericolose fonti di confusione e di contenzioso. I fatti ci diranno se ne sarà valsa la pena. Temiamo di conoscere già la risposta.


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