Non paghi delle ambiguità e del contenzioso (assurdo) sui buoni pasto, scatenato dalle opache previsioni della circolare 2/2020 e del protocollo del 3 aprile 2020, a Palazzo Vidoni hanno approvato un altro protocollo di intesa, dal quale scaturiranno ulteriori contenziosi.
Il protocollo per la fase 3, siglato il 24 luglio, contiene una prima micidiale disposizione, che obbliga alla rilevazione della temperatura.
Azione in linea teorica corretta ed opportuna, ma che, ai fini della sicurezza, va svolta all'esterno dai locali, per evitare che vi sia il problema della contaminazione.
Le modalità possono essere, allora, due: rilevazione mediante sensori automatici di tipo laser; oppure impiego di unità di personale all'esterno.
Nell'uno e nell'altro caso, l'obbligatorietà della previsione implica una spesa da affrontare, che ancora non tutte le amministrazioni hanno attivato. Oppure, l'impiego di personale addetto, per così dire, alla reception, del quale moltissime amministrazioni sono sprovviste.
Infatti, il protocollo afferma: "Le amministrazioni, ove utilizzino strumentazione
che richieda l’impiego di
operatori per la rilevazione della temperatura, possono anche ricorrere, nei limiti delle risorse
a legislazione vigente, a convenzioni stipulate con associazioni di volontariato".
Insomma, ancora una volta petizioni di principio disposte senza una preventiva valutazione degli oneri finanziari ed operativi e rimessione alla speranza che i volontari possano risolvere i problemi.
Ancor più sconcertante è la previsione del punto 8 del protocollo, ai sensi del quale "nelle more di una definizione contrattuale specifica del rapporto di lavoro agile, le
amministrazioni attivino il confronto con le OO.SS. ai sensi della disciplina contrattuale vigente,
al fine di contemperare l’esigenza di pieno riavvio delle attività amministrative, produttive e
commerciali e dell'erogazione dei servizi all'utenza, con la necessità di fronteggiare le esigenze
connesse all’emergenza epidemiologica e all’evolversi del suo contesto, anche prevedendo la
coerente applicazione degli istituti del rapporto di lavoro previsti dai CCNL vigenti alle attività
di lavoro svolte in forma agile".
Si torna su punti dolenti, rispetto ai quali evidentemente non si ha voglia o capacità di tenere ferma la barra.
Per l'ennesima volta, come già avvenuto in molti punti della preintesa del Ccnl dell'area dirigenza delle Funzioni Locali, si vìolano platealmente le norme che regolano le fonti di produzione. Le relazioni sindacali, dispone il d.lgs 165/2001 sono riservate esclusivamente alla contrattazione collettiva. Invece, in questo caso un "protocollo" si proclama competente a definire, nelle more della definizione contrattuale, la necessità di trattare il lavoro agile attivando la relazione del "confronto", specificando "ai sensi della disciplina contrattuale vigente". Ma, ovviamente, le materie del confronto previste dalla disciplina contrattuale vigente non prevedono per nulla il "confronto".
Si precostituisce, quindi, una sede non di confronto, ma di sicuro scontro su temi che hanno imperversato nei mesi scorsi, primo tra tutti, ancora, il buono pasto. E il protocollo su questo evidenzia un altro, ennesimo, ambigio - ma chiaro - cedimento, quando afferma che il confronto dovrà prevedere "coerente applicazione degli istituti del rapporto di lavoro previsti dai CCNL vigenti alle attività di lavoro svolte in forma agile. Proviamo a indovinare: quali istituti del rapporto di lavoro chiederanno di applicare al lavoro agile le organizzazioni sindacali? Appunto: buoni pasto, permessi a ore, recuperi di flessibilità, straordinari.
Auguri.
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