Si continua a parlare a vanvera di semplificazioni e responsabilità della “burocrazia”, ma perfino per una questione banale, come dovrebbe essere la disposizione in smart working dei dipendenti pubblici, sono il Legislatore ed il Governo a fare una confusione semplicemente insensata.
Andiamo (quasi) con ordine,
saltando la situazione di profonda emergenza della primavera del 2020 e
saltando ad estate ed autunno del 2020.
Ci si è ritrovati con una
normativa irrazionale, composta da:
1.
Articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020,
convertito in legge 27/2020, che dispone: “Fino alla cessazione dello stato
di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data
antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta
del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è una delle modalità
ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165”, sicchè le PA “prescindono dagli accordi individuali
e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio
2017, n. 81”;
2.
Delibera del Consiglio dei Ministri 7/10/2020
che proroga lo stato di emergenza fino al 31/1/2021;
3.
Articolo 263, comma 1, del d.l. 34/2020,
convertito in legge 77/2020: “Al fine di assicurare la continuità dell'azione
amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
adeguano l'operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini
e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e
commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020, in deroga alle misure
di cui all'articolo 87, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano
il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilità
dell'orario di lavoro, rivedendone l'articolazione giornaliera e settimanale, introducendo
modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e
non in presenza con l'utenza, applicando il lavoro agile, con le misure
semplificate di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 87, al 50 per
cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale
modalità e comunque a condizione che l'erogazione dei servizi rivolti a cittadini
ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonchè nel
rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”;
4.
DM Funzione Pubblica 10/10/2020, articolo 1,
comma 1: “Fino al 31 dicembre 2020 per accedere al lavoro agile non è
richiesto l’accordo individuale di cui all’articolo 19 della legge 22 maggio
2017, n. 81”;
5.
Articolo 263, comma 4-bis, del d.l. 34/2020,
convertito in legge 77/2020, che modifica l’articolo 14 della legge 124/2015,
introducendo il POLA, da adottare (facoltativamente) entro il 31/12/2021;
6.
Linee Guida POLA del 8/12/2020, che in merito ai
termini di adozione del POLA negli enti locali precisano: “In ragione delle
peculiarità dei rispettivi ordinamenti, gli Enti locali si adeguano agli
indirizzi generali contenuti nel presente documento e declinano i contenuti
specifici del POLA compatibilmente con le loro caratteristiche e dimensioni.
Resta fermo quanto previsto dall’art. 169, comma 3-bis del TUEL anche in ordine
alla tempistica di approvazione dei documenti di programmazione”.
Da questo primo quadro emerge
già una fortissima confusione e la tendenza ad intervenire con una serie di
norme che si sovrappongono tra esse, senza necessità e con pessimo
coordinamento.
Infatti, allo scopo di
determinare la durata dello smart working “emergenziale”, quello, cioè,
attivato in deroga alle previsioni generali di cui agli articoli 18 e seguenti
della legge 81/2017 e, in particolare all’obbligo di regolare il lavoro agile
con un accordo e di attivare le cervellotiche comunicazioni ad Anpal (speriamo
che qualcuno elimini questo adempimento folle), sarebbe bastato l’articolo 87,
comma 1 e la connessa sua lettera b), del d.l. 18/2020. Tale norma, in effetti,
riconduce la durata dello smart working emergenziale “Fino alla cessazione
dello stato di emergenza”. V’è, quindi, un evidentissimo rinvio dinamico alle
decisioni del Consiglio dei Ministri, sicchè con la Deliberazione 7/10/2020
sarebbe già dovuto risultare chiaro ed automatico lo slittamento dello smart
working emergenziale al 31/1/2021.
Il Governo ed il Parlamento,
però, ci hanno messo lo zampino, contribuendo con l’articolo 263 del d.l.
34/2020 a complicare la situazione. Come si nota, mentre l’articolo 87 con
assoluta chiarezza connette la durata dello smart working emergenziale alla
scadenza dello stato di emergenza, invece l’articolo 263, senza alcun
coordinamento con l’articolo 87 e con poca ponderazione, fa scadere al
31/12/2020 la propria disciplina, tendente a consentire il lavoro agile al solo
50% dei dipendenti adibiti a funzioni con esso compatibili, allo scopo di
garantire l’efficienza dell’azione amministrativa.
Ignorando le previsioni dell’articolo
87, comma 1, del d.l. 18/2020, il DM 19/10/2020 si è messo sulla lunghezza d’onda
(sbagliata) dell’articolo 263, ed ha fornito indicazioni operative
anticipatrici del POLA e finalizzate a precisare che la percentuale di
dipendenti disponibili in smart working fosse “almeno” del 50%, ha indicato che
le modalità semplificate di attivazione del lavoro agile (niente accordo
individuale e niente comunicazioni cervellotiche all’Anpal) dovessero durare
fino al 31/12/2020.
Il DM, così disponendo, è in
evidente contrasto con l’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020, che dispone
senza alcun’ombra di dubbio in modo diverso, stabilendo invece che il lavoro
agile semplificato perduri fino al perdurare dello stato di emergenza.
Che ragione c’era di complicare
le cose con una scrittura così sommaria e disattenta dell’articolo 263 del d.l.
34/2020 e con il DM 19/10/2020? Ovviamente, nessuna.
Ad esaltare ulteriormente il
caos, le previsioni delle Linee Guida sul POLA, che hanno creato un regime
distinto tra amministrazioni locali ed altre PA in quanto al termine di
adozione di un piano, per altro solo facoltativo.
Infatti, mentre per tutte le PA
il termine ultimo (che appare comunque solo sollecitatorio e non certo
perentorio) per l’adozione del POLA è il 31/1/2021, per gli enti locali è il
termine di adozione del PEG, cioè entro i 20 giorni successivi all’adozione del
bilancio di previsione; ora, l’articolo 106, comma 3-bis, del d.l. 34/2020 ha
già differito il termine di adozione dei bilanci al 31/1/2021, sicchè il
termine di adozione del POLA negli enti locali è da considerare il 20/2/2021.
Il Governo si è reso, forse,
conto dell’incredibile guazzabuglio normativo creato dalla circostanza dell’eccessiva
ed incontrollata compulsione a normare e tornare a rinormare sul medesimo
argomento senza alcun coordinamento, ed è intervenuto. Purtroppo senza mostrare
la capacità di ricondurre a semplificazione il tutto.
Sarebbe stato opportuno un
provvedimento ricognitivo della situazione, che riportasse ad un’unica norma
una volta e per sempre termini e disciplina sostanziale del lavoro agile. Così
non è stato.
Quindi, sono stati “calati”
altri due assi, entrambi proprio al termine del terrificante anno 2020, il 31
dicembre.
Un primo provvedimento è il DM 23/12/2020
della Funzione Pubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 323 del 31/12/2020:
detto decreto proroga fino al 31/1/2021 le previsioni del DM 19/10/2020.
Un secondo provvedimento è il “decreto
milleproroghe”, il d.l. 183/2020, che all’articolo 19, rubricato “Proroga dei termini
correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”, al comma 1
dispone: “I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all'allegato
1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza
epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021, e le
relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili
autorizzate a legislazione vigente”.
L’Allegato 1, al n. 32, indica
tra le norme prorogate come sopra (alternativamente fino alla cessazione dello
stato di emergenza o al massimo fino al 31/3/2021) l’articolo 263 del d.l. 34/2020.
Si ricrea, quindi, una situazione
di disconnessione tra vari termini. Infatti:
1. Adozione
del POLA:
1.1. Il
Termine (sollecitatorio) è rimasto al 31/1/2021 per tutte le PA
1.2. Ma
è, attualmente, da individuare nel 20/2/2021 per gli enti locali;
2. Durata
del lavoro agile emergenziale:
2.1. Fino
alla cessazione dello stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 87, comma 1, del
d.l. 18/2020;
2.2. Fino
alla cessazione dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31/3/2021, ai
sensi del combinato disposto dell’articolo 19, comma 1, e dell’Allegato 1, n. 32,
del d.l. 183/2020;
2.3. Fino
al 31/1/2021 ai sensi del DM Funzione Pubblica 23/12/2020.
Un disastro. Dovuto appunto all’incapacità
di ricondurre ad unità e razionalità la disciplina sostanziale e procedurale
del lavoro agile.
Se proprio si voglia, come
giusto, reperire un minimo di ratio nelle due ultime disposizioni del 2020, si
potrebbe affermare che:
a)
Il DM Funzione Pubblica 23/12/2020 ha la
funzione di prorogare fino al 31/1/2021 l’organizzazione del lavoro agile senza
POLA, allo scopo di evitare un possibile vuoto di regolazione (anche se, a ben
vedere, la previsione dell’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020 avrebbe senz’altro
coperto il presunto vuoto);
b)
L’articolo 19 del d.l. 183/2020 estende al
massimo fino al 31/3/2021 il regime di lavoro agile emergenziale, sempre privo
di POLA, regime che si articola in questo modo:
a.
È regolato dal DM 23/12/2020, finchè non sia
adottato il POLA, quindi destinato ad “almeno” il 50% dei dipendenti adibiti a
mansioni connesse a funzioni compatibili col lavoro agile senza pregiudicare l’efficienza
dell’azione amministrativa;
b.
È regolato direttamente dall’articolo 263 del
d.l. 34/2020, laddove decorso il termine per l’adozione del POLA (31/1/2021 per
tutte le PA, 20/2/2021 per gli enti locali) non abbia portato all’entrata in
vigore del POLA; tuttavia la regolazione dell’articolo 263, comma 1, va messa in
correlazione col testo novellato dell’articolo 14 della legge 124/2015, il
quale stabilisce che laddove il POLA non sia approvato le PA debbono consentire
il lavoro agile ad almeno il 30% del personale che ne faccia richiesta.
Nessuna norma spiega cosa accade
se si adotta il POLA e se, in particolare, per effetto di tale piano per le PA
riprendano piena efficacia le disposizioni della legge 81/2017 in particolare
sull’accordo individuale (che il POLA considera elemento fondamentale del
lavoro agile) e gli oneri comunicazionali e di informazione sulla sicurezza.
Per quanto la definizione del
contenuto dell’accordo individuale sia elemento essenziale del POLA, sembra di
dover affermare che la proroga fino a non oltre il 31 marzo 2021 dell’efficacia
dell’articolo 263 del d.l. 34/2020 e il persistere della vigenza dell’articolo
87, comma 1, del d.l. 18/2020 implichi che finchè sia efficace lo stato di
emergenza o non si consegua la data del 31/3/2021, la disposizione in lavoro
agile non richieda l’accodo individuale.
Lo stesso pare di poter
affermare anche in relazione al decorso vano del 31/1/2021, senza che l’ente
abbia adottato il POLA: se lo stato d’emergenza non sia cessato, non occorre l’accordo
individuale. Piuttosto, nel caso di ente privo di POLA occorre evidenziare che
la percentuale di almeno il 30% dei dipendenti che, se lo richiedono, possono
essere disposti in smart working deve comunque riguardare, ai sensi dell’articolo
263, comma 1, del d.l. 34/2020 sempre e comunque i dipendenti addetti alle
attività compatibili con lo smart working, senza inficiare l’efficienza dei
servizi.
In ogni caso, pare evidente che
il 2021 sia iniziato con un pasticcio normativo sul lavoro agile che sarebbe
stato meglio risparmiare alle PA.
Siamo in mano ad una masnada di sprovveduti incompetenti
RispondiEliminaUno dei governi più sgangherati della storia della Repubblica, quasi tutti i ministri che fanno solo a gara con il presidente del consiglio dei ministri ad apparire e pronunciare proclami e annunci che alimentano una confusione e un caos amministrativo e sociale indescrivibili. E siccome non ci saranno mai elezioni anticipate poichè tutti i parlamentari, in primis i 5 Stelle, non vogliono perdere i privilegi da parlamentari italiani, che sono un "unicum" nel mondo e in particolare 20.000 euro netti di stipendio, stanno solo a contendersi il potere di spendere i milioni di euro erogati come prestito, cioè a debito dalla UE. Un Paese completamente allo sfascio.
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