domenica 9 maggio 2021

Riforme dei concorsi e della Pubblica Amministrazione: il disastro temuto è ad un passo

 Il pacchetto di riforme della PA, al netto della tanto auspicata digitalizzazione che con un ritardo di circa 3 lustri forse giungerà davvero, si annuncia come il completamento della catastrofe avviata con la riforma Cassese nel 1993, e via via sempre maggiormente peggiorata dalle riforme Bassanini, Frattini, Nicolais, Brunetta, Madia e Bongiorno, per tornare ancora a Brunetta.

Tra presunte "semplificazioni" dei concorsi o degli appalti, che altro non sono se non la negazione dei concorsi e delle gare; spinte alla formazione di scudi penali e di responsabilità (le norme sulla presunta "paura della firma" e le iniziative normative come quella "liberiamo i sindaci"); bizantinismi amministrativi come il silenzio assenso corroborato da un certificato che lo comprovi, il disastro, ben delineato dal Recovery Plan, è ad un passo.

Ne danno ampio preannuncio due articoli. Il primo è stato pubblicato su Il Messaggero dell'8 maggio 2021, "Recovery, carriere più rapide «Spinta su donne e giovani»", nel quale si sintetizzano le esiziali scelte di dettaglio sulle assunzioni: un inno alla solita "privatizzazione", che di solito consiste nell'importare nella PA (nella presunzione di realizzare l'impossibile ossimoro pubblico-privatizzato) le peggiori prassi ed inefficienze del privato ed alla creazione di apparati amministrativi i cui ingresso e carriere saranno segnati dall'appartenenza e dalla fede. Tutto il contrario della sbandierata "meritocrazia".

Le principali linee sintetizzate dall'articolo sono:

  1. la creazione di un "middle management", cioè la creazione di un'area quadri, descritta come "mai esistita" nella PA e "per la prima volta" definita dalla Direttiva rivolta da Palazzo Vidoni all'Aran, per la contrattazione nazionale collettiva 2019-2021. E pazienza se dal 1999 esiste la cosiddetta area delle Posizioni Organizzative, che consiste esattamente in questo middle management di cui si vagheggia;
  2. il ritorno, eterno, all'idea sin qui, fortunatamente sempre accarezzata ma mai concretizzata, di abolire il nulla osta per la mobilità dei dipendenti, cioè per i loro trasferimenti da un ente all'altro. Un modo per creare il caos totale organizzativo e rendere la consistenza delle dotazioni organiche delle amministrazioni un dato inconoscibile e rimesso alle valutazioni soggettive di ciascun dipendente;
  3. l'accesso alla dirigenza pubblica che oggi avviene per le "forche caudine " del concorso. Si badi: l'idea che danno i media dell'unica procedura (perfettibile quanto si voglia) capace davvero di selezionare i migliori (al netto di trame da codice penale) tra un lotto di candidati, è che si tratti di "forche caudine", insomma di torture e sberleffi, fastidiosi quanto, ovviamente inutili. L'idea è predisporre l'accesso alle qualifiche dirigenziali anche dall'interno delle amministrazioni, regolando percorsi di crescita per i funzionari. A nessuno importa nulla, evidentemente, della circostanza che dietro queste modalità si nasconda l'intenzione di agevolare percorsi di carriera ai fedeli. Nè qualcuno si fa carico di verificare se modalità di questo genere, già sperimentate in alcuni ambiti, abbiano avuto il successo sperato: la riforma dell'accesso ai livelli superiori dei segretari comunali che nel 1997 eliminò i concorsi per le sedi di segreteria generale, per sostituirli con percorsi formativi che regolarmente promuovono tutti e, ancor più regolarmente, favoriscono carriere fulminee ed inspiegabili di chi ben si appoggia, insegna che sistemi di carriera di tal genere in Italia producono solo danni. In ogni caso, l'estensione di percorsi per gli insiders conferma le preoccupazioni dei professori Boeri e Perotti: l'intera riforma del reclutamento si sta rivelando fortemente impeditiva all'accesso dall'esterno dei giovani che abbiano investito nella formazione.
  4. poi, l'idea generalizzata dell'assunzione che dia rilievo fondamentale alle esperienze, in particolare per ruoli specifici di attuazione di progetti del Recovery, da assumere a tempo determinato: i 1000 esperti (di cosa non è molto chiaro) che supportino le autorità ad adottare e monitorare i progetti. Bellissima è la previsione dell'assunzione, senza concorso e per valutazione del curriculum, solo a tempo determinato per 3 anni di 16.000 dipendenti da adibire all'ufficio del processo, nel sistema giudiziario, aperto a giuristi, ma anche ad "economisti, statistici, e altri profili": perchè risulta all'evidenza dei fatti quanto indispensabile sia, per decidere una causa, la competenza di un economista, di uno statistico e di altri profili. In fondo, non si tratta di decidere un processo, applicando le leggi, giusto? Ma, poi: se l'ufficio del processo è considerata la riforma a regime per rendere più efficiente l'azione dei giudici, perchè si prevede l'assunzione degli addetti a tali uffici per soli 3 anni? Che senso ha assumere con contratti precari su fabbisogni stabili? E, soprattutto, non si confermano ancora una volta le preoccupazioni di Boeri e Perotti se si legge nel Pnrr, come conferma l'articolo, che i tre anni saranno considerati come "lodevole servizio" nei futuri concorsi per l'accesso stabile nell'ufficio del processo? Non si comprende che si crea ad arte un precariato, creando le condizioni per la sua stabilizzazione, dunque fabbricando ulteriori insiders che escluderanno i più giovani nel frattempo formati e laureati?

Il Sole 24 ore del 9 maggio 2021 riporta, invece, dichiarazioni del Ministro della Funzione Pubblica poste ad anticipare altri aspetti della riforma, nell'articolo "Pa, arriva il decreto taglia tempi".

Tra queste, la bislacca previsione del certificato che attesti l'avvenuta formazione del silenzio assenso appare la più burocratica e kafkiana delle semplificazioni che in Italia complicano e creano confusione. Una sorta di invito a funzionari accidiosi a non adottare mai il provvedimento finale, fuggendo dalle responsabilità ed a far formare tutto solo con silenzio assenso: un certificato, poi, lo attesterà a qualcuno. E il sistematico utilizzo del silenzio assenso e dell'inerzia è il modo migliore per favorire alcuni, senza assumersi rischi e responsabilità connessi.

Non vi sarà più alcun problema di paura della firma: nessuno firmerà più nulla, basterà far produrre automaticamente dai sistemi di protocollo o di gestione dei procedimenti un certificato "di cortesia", che automaticamente informi il destinatario che il silenzio si è formato. 

Potrebbe, in effetti, essere una spinta formidabile, questa, alla digitalizzazione, altro che smart working: piattaforme che calcolino i tempi di ricezione di una domanda, il decorso del termine per procedere e di formazione del silenzio, con automatica produzione di un certificato da inviare via mail o messaggio al destinatario è il sogno di ogni funzionario dall'atteggiamento postprandiale. L'algoritmo o lo scadenziario che si sostituisca al pensiero, all'azione e alla responsabilità.

In effetti, oggettivamente, a quel punto, non servono concorsi e nemmeno cherry picking: una lotteria sarebbe più che sufficiente.

2 commenti:

  1. Sempre peggio, si fanno riforme senza minimamente consultare e coinvolgere coloro ai quali quelle riforme si rivolgono.

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