Accanto a queste finalità, le città metropolitane gestiranno le funzioni provinciali, più qualche altra. Infatti, a valere sulle risorse proprie e trasferite, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e comunque nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, le città metropolitane saranno titolari delle funzioni fondamentali delle province e di quelle loro proprie. Complessivamente, dunque, le funzioni delle città metropolitane saranno
Primo gruppo: funzioni fondamentali provinciali:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizza-zione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e con-trollo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programma-zione regionale;
d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
e) gestione dell’edilizia scolastica;
f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.
Secondo gruppo: funzioni non fondamentali provinciali.
Sulla base del complicatissimo processo di riordino e riassegnazione delle funzioni che dovranno porre in essere Stato e regioni, le città metropolitane potrebbero essere assegnatarie delle altre funzioni provinciali non fondamentali, come le politiche del lavoro (anche se si pensa alla costituzione di un’agenzia nazionale per il lavoro), la formazione, il turismo, la cultura, i servizi per i disabili sensoriali, il trasporto dei disabili verso le scuole superiori, lo sviluppo economico, la programmazione delle grandi aree commerciali e una serie di ulteriori funzioni che ciascuna regione ha assegnato, in applicazione del d.lhs 112/1998.
Terzo gruppo: funzioni fondamentli delle città metropolitane.
a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza;
b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;
c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;
d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;
e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicu-rando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);
f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
Insomma, un bel caos. Risulta difficile capire come le città metropolitane potranno gestire il surplus di funzioni che viene assegnato loro dal ddl, “a parità di spesa”.
Per altro, l’elencazione delle competenze e del modo di gestirle, non finisce qui. A rendere totalmente inestricabile il reticolo delle competenze allo svolgimento delle funzioni nei territori delle aree metropolitane è il potere dei loro statuti di disciplinare “i rapporti tra i comuni e le loro unioni facenti parte della città metropolitana e la città metropolitana in ordine alle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane e comunali, prevedendo anche forme di organizzazione in comune, eventualmente differenziate per aree territoriali”. Non solo: saranno anche previste forme di reciproca delega di funzioni, sempre prevista dagli statuti i quali potranno stabilire che “mediante convenzione che regola le modalità di utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie, i comuni e le loro unioni possono avvalersi di strutture della città metropolitana, e viceversa, per l’esercizio di specifiche funzioni ovvero i comuni e le loro unioni possono delegare il predetto esercizio a strutture della città metropolitana, e viceversa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ancora, lo statuto “può prevedere, anche su proposta della regione e comunque d’intesa con la medesima, la costituzione di zone omogenee, per specifiche funzioni e tenendo conto delle specificità territoriali, con organismi di coordinamento collegati agli organi della città metropolitana, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La mancata intesa può essere superata con decisione della conferenza metropolitana a maggioranza dei due terzi dei componenti”.
Insomma, a dispetto della propagandata razionalizzazione e riduzione di enti ed organi, le città metropolitane potranno costituire sub-organismi al proprio interno, in modo differenziato.
Per cittadini ed imprese risulterà praticamente impossibile capire in anticipo chi sarà competente a svolgere una certa competenza, invece che un’altra.
Una cosa risulta, comunque, molto chiara. Si concentrano nei sindaci metropolitani la programmazione urbanistica di area vasta e quella specificamente comunale. Nella sostanza, si elimina un livello di limite e controllo all’espansione urbanistica, che i sindaci potranno, dunque, definire da se stessi, in beata solitudine, potendo incontrare qualche limitazione solo nella normativa regionale.
La vera ratio della costituzione delle città metropolitane è tutta qui, oltre che, ovviamente, nella possibilità, per i sindaci capoluogo, di mettere le mani su un discreto finanziamento, quello della provincia, che potrebbe aiutare a nascondere per qualche altro anno ancora la situazione di pesantissimo deficit nella quale versano quasi tutte le città metropolitane, Roma (che avrà uno suo status particolare), Reggio Calabria e Torino in testa.
Avendo riguardo alle funzioni che il ddl rimette alle città metropolitane, risulta evidente a tutti che coinvolgere in questo tipo di ente città come Reggio Calabria, Venezia e Firenze non ha alcun senso. La prima perché troppo piccola e perché sorge in una realtà ed in un territorio che non solo non ha alcuna integrazione propria delle realtà metropolitane, ma non ne ha nemmeno la forza e la concreta necessità. Firenze, ma soprattutto Venezia, sono città d’arte, concentrate soprattutto sui loro preziosissimi centri storici, quasi per nulla integrate col territorio circostante. Un “polo” latamente metropolitano a Venezia è il complesso di Mestre e Marghera, che nulla ha a che vedere col lembo di territorio provinciale esteso verso il Friuli. Non esistono sostanzialmente i tipici elementi della città davvero metropolitana: la strettissima integrazione dei trasporti, la concentrazione lavorativa in città, i servizi pubblici estesi ad un hinterlando, proprio perché turismo e particolarità urbanistiche concentrano tutto verso il centro. Non diversissima è la situazione di Bologna, che come Torino e Bari pare ricompresa nel novero delle città metropolitane più per questione di “status”. Le uniche realtà davvero rispecchiate nel complesso delle competenze previste dalla norma sembrano Milano, Napoli e Roma, quest’ultima con la particolarità di condividere con Venezia e Firenze problemi simili, tali da renderla “particolare”.
Comunque, al di là del salto nel buio relativo alla gestione delle nuove funzioni, almeno il passaggio dalle province alle città metropolitane non sarà così complesso come il riordino delle altre province, perché si prevede che succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all’atto del subentro alla provincia.
L'ha ribloggato su RIFLESSIONI ATTENTE.
RispondiElimina[…] – 29 marzo 2014 - Il folle reticolo delle funzioni delle città metropolitane #province #caos #dilettantismoistituzion… di Luigi […]
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