Non in pochi hanno esultato, quando hanno letto l’originale “non luogo a deliberare” deciso dalla Corte dei conti, Sezione Autonomie, con la deliberazione 19/2015, eludendo, dunque, di risolvere la questione di massima “E’ possibile conferire un incarico dirigenziale ai sensi dell’art. 110, comma 1, del TUEL?”
Certo, sarebbe stato molto meglio se la Sezione Autonomie si fosse pronunciata, visto che anche per le interpretazioni ovvie, ancorchè articolate, occorre sempre un pronunciamento dell’ “ipse dixit”.
Tuttavia, la questione ha una unica e semplice soluzione: le assunzioni ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2001, ancorchè a tempo determinato, certamente non sono consentite dall’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014.
Inorridiranno coloro i quali si abituano ad interpretare le leggi in modo che esse siano adeguate al proprio pensiero preconcetto e cavillino sulle virgole e i punti, osservando che il comma 424 vieta le sole assunzioni a tempo indeterminato, ma non quelle a tempo determinato. Sicchè, il sillogismo suggerisce che se le assunzioni ai sensi dell’articolo 110, comma 1, sono a tempo determinato, esse sono da considerare ammissibili “e più non dimandare”.
Ma, si tratta di una conclusione utilitaristica e non corretta. Che certamente non può considerarsi rafforzata dal “non luogo a deliberare” della Sezione Autonomie. Al contrario, il parere della sezione 19/2015 contiene una specifica e chiara indicazione che sorregge le ragioni dell’illegittimità, anzi nullità, degli incarichi a contratto.
Tuttavia, prima di esporle brevemente, facciamo qualche piccola domanda e considerazione. In presenza di circa 500 dirigenti provinciali destinati alla mobilità, nonché di qualche migliaia di funzionari di categoria D provinciali, quale sarebbe esattamente la ratio che considera prevalente un incarico a contratto, per cooptazione, senza concorso, di soggetti esterni alla PA?
In altre parole, come è possibile che essendo disponibile un plafond di dirigenti e funzionari certamente testati e dotati di esperienza, i comuni possano considerare lecito, corretto e conveniente rivolgersi a soggetti esterni, le cui capacità e competenze sono tutte da dimostrare?
Sì perché è perfettamente noto che nonostante l’articolo 110, comma 1, debba applicarsi in stretta combinazione con l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, spessissimo i comuni chiamino a contratto dei quilibet qualsiasi, completamente privi dei requisiti di elevatissima professionalità imposti dall’articolo 19, comma 6, almeno per la dirigenza e cioè, in sintesi: essere magistrati, avvocati dello Stato, professori o ricercatori universitari, dirigenti in altre pubbliche amministrazioni, dipendenti pubblici che abbiano un curriculum post universitario e vantino pubblicazioni scientifiche, oppure soggetti provenienti dal privato che, disponendo comunque della laurea, vantino almeno 5 anni di esperienza in funzioni dirigenziali.
Nella pratica, sostanzialmente mai gli incaricati ai sensi dell’articolo 110, comma 1, dispongono di questi requisiti, necessari per giustificare l’eccezione alla regola della selezione concorsuale (se qualcuno è già dirigente o è magistrato, non è certo utile un nuovo concorso, dovrebbe risultare chiaro).
Ma, i dirigenti ed i funzionari delle province hanno, come visto prima, vinto un concorso e dispongono di esperienza pregressa chiara e certificabile e per la loro assunzione basta una semplice mobilità, senza nemmeno scomodare la complessa, soprattutto sul piano motivazionale, procedura di cui all’articolo 110, comma 1. E, allora, si ribadisce: perché in questa fase continuare a ritenere possibile ed utile avvalersi di questo tipo di assunzioni?
Andiamo, ora, alla delibera 19/2015 della Sezione Autonomie. Essa, è vero, non si pronuncia sul tema dell’articolo 110, ma nel negare ammissibilità alla mobilità neutra, spiega bene che non possono considerarsi corrette interpretazioni dell’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014, in contrasto con il suo fine. Il quale fine è: dare priorità alle assunzioni dei dipendenti provinciali in sovrannumero, utilizzando gli spazi assunzionali previsti.
Qui sta il punto. Le assunzioni a tempo determinato non sono vietate dal comma 424. Ma quali assunzioni? E’ evidente: quelle che non erodono risorse e spazi assunzioni per il tempo indeterminato, non occupando posti della dotazione organica.
Tutti i contratti a tempo determinato, per loro natura, sono fuori della dotazione, in quanto essa elenca il fabbisogno ordinario e continuativo degli enti; è noto che il d.lgs 165/2001 ammette il tempo determinato solo per fabbisogni esclusivamente temporanei o eccezionali.
Non è il caso dell’articolo 110, comma 1, che, in deroga al sistema generale, consente di effettuare le assunzioni di dirigenti e responsabili di servizio “a contratto” occupando posti della dotazione organica.
Ogni assunzione ai sensi dell’articolo 110, comma 1, dunque, sottrae posti disponibili alla ricollocazione dei dipendenti provinciali, ancorchè sia a tempo determinato; un tempo determinato di non oltre 5 anni, che va comunque oltre il blocco biennale delle assunzioni imposto dalla legge 190/2014, allo scopo di consentire la ricollocazione del personale provinciale.
Allora, il corretto sillogismo è: se un contratto anche a termine rende indisponibile un posto vacante della dotazione organica alla ricollocazione dei dipendenti provinciali, esso si pone in contrasto con i fini della legge 190/2014, esplicitati dalla Sezione Autonomie, sicchè esso è non solo illegittimo, ma nullo.
Non basta per convincere i sindaci che le loro pulsioni per cooptare dirigenti e funzionari “di fiducia” non sono attualmente sostenibili nemmeno da parte di quei direttori generali e segretari comunali molto preoccupati di seguire sempre e comunque qualsiasi pulsione sindacale?
Mettiamola così: come si fa a giustificare davanti alla Corte dei conti la maggior spesa pubblica derivante da assunzioni ai sensi dell’articolo 110, comma 1, quando con la mobilità imposta dall’articolo 1, comma 424, della legge 190/2014, non si crea nuova e maggiore spesa pubblica?
Si tratta di argomentazioni, quelle esposte sopra poste a sottolineare che attualmente gli incarichi a contratto rotazionali non sono ammissibili, appena banali, ovvie, semplici. Non serve alcun “ipse dixit”. Basta un attimo richiamarsi a Charles Louis de Secondat barone di Montesquieu, e saper cogliere “l’esprit des lois”, evitando per una volta le interpretazioni di comodo, utili, spesso, ma non contemplate dalle preleggi.
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