Il per fortuna sparuto gruppo di
persone che hanno la pazienza e, soprattutto, lo stomaco di leggere i post di
questo blog saranno benevolenti se questa volta utilizzerò un tono più
personale, da blog appunto.
E’ che, in merito alla questione
del capo di gabinetto del comune di Roma e, più in generale, vi sono alcune
cose che, proprio, non riesco a capire.
Ad esempio: la convinzione che
per svolgere l’attività di capo di gabinetto occorra una particolarissima professionalità.
Traggo dai social network, ma anche dalla stampa, l’assunto secondo il quale il
capo di gabinetto avrebbe il computo di coordinare l'attività amministrativa
dei dirigenti, assicurando che le direttive politiche non siano ostacolate da
questi e, ulteriormente, dovrebbe coordinare le attività intersettoriali,
risolvendo eventuali conflitti nei rapporti tra dirigenti, coordinare i lavori
della giunta nel caso di delibere intersettoriali, fungere da filtro tra il
sindaco e associazioni, imprese, cittadini comitati ed interlocutori vari.
Questi assunti sono del tutto
sbagliati, come ho provato a dimostrstrare qui.
Ma, non importa. Poniamo che a sbagliare a leggere ed interpretare le norme sia
io. Mi chiedo, allora, con specifico riferimento al caso di Roma: ma, un
magistrato penale, esattamente, come avrebbe acquisito il tipo di
professionalità espressa sopra? Quali esperienze concrete ha, nell’ambito della
propria attività di magistrato di coordinamento dei dirigenti, gestione
dell’attività di organi politici, definizione dell’indirizzo politico?
Esattamente, come e quando un magistrato è aduso a fare da filtro, per conto di
un organo politico, dei rapporti con gli stakeholders?
Mi vengono, poi, altri quesiti.
Se è vero che un magistrato, nonostante il suo lavoro sia fare indagini,
elaborare atti d’accusa, emanare sentenze, ordinanze, proporre appelli, perciò
solo acquisisca comunque la spiccatissima professionalità di un capo di
gabinetto, la proprietà transitiva funziona anche al contrario? Un capo di
gabinetto abilissimo, per ciò solo potrebbe fare anche il magistrato? Il Csm lo
consentirebbe?
Ancora altre domande senza
risposta. L’incaricata come capo di gabinetto rivendica che il trattamento
economico da 193 mila euro l’anno quasi la porta a rimetterci finanziariamente,
perché non vivendo a Roma deve sostenere costi di trasferta e soggiorno. Ma,
quanti altri lavoratori, privati e pubblici, possono contare sul fatto che se
trasferiti, per altro contro la loro volontà magari, da una città all’altra per
lavorare si garantisca loro, come fosse un diritto, una maggiorazione economica
per sostenere le loro spese di soggiorno e trasferta?
E poi, sempre rimanendo sulla
professionalità. L’articolo 90 del d.lgs 267/2000 consente ai sindaci di
incaricare nel proprio staff persone pagate come dirigenti, anche se non
dispongono del necessario titolo di studio. Mi chiedo, allora, poiché il capo
di gabinetto è una figura di quelle rientranti nello staff regolato
dall’articolo 90, come sia possibile che la spiccatissima professionalità che
si è convinti della avere un capo di gabinetto, come un “segretario
particolare”, possa anche essere posseduta da chi non ha nemmeno il titolo di
studio per accedere a posti dirigenziali, ma tuttavia, per nomina politica,
ottiene egualmente posto dirigenziale e relativo stipendio?
Mi chiedo, ancora, quale richiamo
ed interesse possa esercitare un posto come quello di capo di gabinetto, contendibile
anche da chi nemmeno è laureato e non di rado condiviso con questi, possa avere
verso i magistrati.
E mi chiedo, come mai i
magistrati che, giustamente, a più riprese rivendicano la propria indipendenza
dalla politica, siano così affascinati da un ruolo come quello di capo di
gabinetto, nel quale debbono rinunciare a qualsiasi indipendenza ed agire con
una precisa casacca politica.
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