lunedì 14 ottobre 2019

Delega negli enti locali - Excursus (Parte III)

La responsabilità del delegato e del delegante

La configurazione del delegato come organo costituito ex novo, mediante un provvedimento organizzativo di secondo grado, e non come subordinato gerarchico del delegante o, ciò che sarebbe ancora più riduttivo, mero esecutore della volontà del primo, determina conseguenze precise sul regime della responsabilità per gli atti e per i risultati connessi, responsabilità che deve essere integralmente ascritta al delegato. Sul delegante, infatti, non può che ricadere una più limitata responsabilità per culpa in eligendi ed eventuale culpa in vigilando, oltre che una responsabilità di carattere connessa all’eventuale carenza di direttive.

Per il resto, poiché il delegato è un organo autonomo e poiché, in virtù di tale autonomia, costituisce, modifica o estingue situazioni giuridiche soggettive in quanto titolare in via mediata della capacità di agire in merito, risponde direttamente degli effetti e della regolarità dei propri atti.
Occorre, qui, ricordare che l'assegnazione della delega da parte del delegante al delegato comporta da parte di quest'ultimo l'esercizio dei poteri connessi in nome proprio e non del delegante. Per effetto della delega il delegato diviene titolare in via derivata, anziché originaria, di una competenza che rimane sua e che viene esercitata dal delegato stesso in modo autonomo e con diretta assunzione di responsabilità.
Non sono, quindi, corrette le tesi secondo le quali il delegante rimarrebbe comunque responsabile delle azioni compiute dal delegato, come se quest'ultimo fosse un dipendente gerarchico del primo. Tali tesi, in realtà, confondono la delega con l'esercizio dei poteri organizzativi propri del rapporto di gerarchia propria o di direzione, che si differenziano dalla delega proprio per il fatto che non fanno scaturire una diversa titolarità di una competenza, ma permettono al titolare in via originaria di tale competenza di esercitarla direttamente, attraverso l'operato di soggetti, quali ad esempio il responsabile del procedimento, che compiono alcune parti dell'attività amministrativa, restando il titolare, tuttavia, sempre l'unico legittimato ad adottare i provvedimenti finali e, quindi, il responsabile ultimo dell'azione amministrativa.
Pertanto, l'assegnazione della delega è atto molto delicato, che implica sia l’accrescimento delle competenze del delegato, il quale assume vera e propria natura di organo a rilevanza esterna, sia l’accrescimento delle sue responsabilità.
Queste conclusioni sono pacifiche in giurisprudenza. Secondo la Corte dei conti1, atteso che il delegato assume, per fondamentale principio del diritto amministrativo, la responsabilità degli atti che compie in attuazione della delega conferitagli e che al funzionario delegante può, a tutto concedere, far carico soltanto un dovere di vigilare sui modi di esercizio della delega stessa, non è possibile, invocando l'eventuale responsabilità del delegante, porre in discussione la legittimazione passiva del delegato nel giudizio contabile.
In maniera più radicale2, si è stabilito che in materia di responsabilità amministrativa la delega di funzioni rilasciata dal sindaco all’assessore libera il delegante dalla responsabilità per danni al comune per omesso puntuale esercizio delle funzioni medesime, purchè il delegante stesso non sia esplicitamente coinvolto dall’assessore nella questione3. Questa posizione, però, non è pacifica, in quanto si è anche stabilito che la responsabilità amministrativa per danno del sindaco non resta esclusa dall'aver delegato settori di competenza ad un assessore, in quanto l'autonomia del delegato non può mai stare a significare annullamento totale delle responsabilità del sindaco delegante che continua a qualificarsi quale centro di imputazione di specifici e doverosi comportamenti per il solo fatto di aver conferito la delega4. Si tratta, comunque, di una specificazione valevole in particolare per il ruolo del sindaco come responsabile complessivo dell’amministrazione dell’ente.
Si deve, però, ritenere che il profilo di responsabilità del delegante sia necessariamente di minor portata rispetto a quello del delegato. Infatti, è solo l’attività di questo che assume diretta rilevanza giuridica nei confronti dei terzi. Il delegante, invece, pur avendo generato l’atto di delega, dunque il presupposto per un eventuale inopportuno o illegittimo esercizio della competenza da parte del delegato, rimane al di fuori del nesso di causalità5 tra il danno e l’attività posta in essere dal delegato, proprio perché questo svolge le sue funzioni in base ad una titolarità temporanea, ma piena, della capacità di agire.
Si è, pertanto, ritenuto6 che nell'ordinamento amministrativo - nella specie, nei rapporti tra sindaco ed un assessore comunale - possono essere individuate una delega di firma ed una delega di funzioni. Nella prima ipotesi, l'organo delegante mantenendo la piena titolarità dell'esercizio di un determinato potere, delega ad altro organo o funzione non titolare dell'organo, il compiuto di firmare gli atti di esercizio di esso, onde l'atto firmato dal delegato resta imputato all'organo delegante. Nella seconda ipotesi, il delegato è investito del potere di provvedere in nome proprio circa la materia oggetto della delega. Pertanto, nel caso di illecito amministrativo, ove sia stata delegata la funzione e non si sia in presenza di delega di firma, la violazione non è imputabile all'organo delegante; nel caso di delega della firma, si deve stabilire se, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, l'illecito possa essere addebitato al delegante al quale l'atto deve pur sempre essere computato, almeno a titolo di colpa.
Il giudice ordinario7 tende a rinvenire la corresponsabilità dell’organo delegante esclusivamente nel caso in cui sia stato investito della questione ed abbia omesso di attivare i poteri di autorità delegante, vigilanza, direttive e, al limite, di revoca della delega.
Nell’ordinamento positivo esiste una disposizione espressa che conferma il regime di responsabilità individuato dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Ai sensi dell’articolo 18 del Dpr 3/1957 “l'impiegato delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, è tenuto a risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio. Se l'impiegato ha agito per un ordine che era obbligato ad eseguire va esente da responsabilità, salva la responsabilità del superiore che ha impartito l'ordine. L'impiegato, invece, è responsabile se ha agito per delega del superiore”. V’è, dunque, un chiaro principio generale di responsabilità piena ed esclusiva del delegato nella cosiddetta delega interorganica, quella, cioè, operante tra organi di uno stesso soggetto giuridico (che si distingue dalla delega intersoggettiva, operante tra soggetti diversi, come tra Stato e regioni, regioni ed enti locali, ecc…).
Alla luce di tale principio generale, è da accogliere la tesi secondo la quale il delegato, in quanto agisce come organo autonomo e dotato di una competenza che è “istituita” con la delega e, dunque, propria, si assume in prima persona la responsabilità degli atti relativi e di tale responsabilità ne risponde esclusivamente. Il delegante può essere chiamato a rispondere non per l’azione illecita o illegittima del delegato, ma per eventuali proprie responsabilità derivanti da mancata direttiva, mancato controllo, mancata eventuale revoca della delega.
E’, tuttavia, ovvio che l’eventuale responsabilità del delegante è connessa sia al sistema da lui congegnato per verificare l’attività del delegato, sia, comunque, all’adeguatezza dell’attività del delegato ai principi di correttezza e buona fede. Si intende sottolineare che se il delegante è del tutto estraneo al nesso di causalità che lega l’azione, posta in essere dal delegato, al danno, in quanto il delegato non abbia adempiuto ad eventuali obblighi di preinformazione o, comunque, non abbia segnalato possibili problemi relativi alla materia, non potrebbe che essere chiamato a rispondere solo per colpa nell’aver mal selezionato il soggetto al quale delegare le competenze. Ma, si tratterebbe di una responsabilità sostanzialmente interna, perché a sua volta non incidente sul nesso di causalità nei confronti del comportamento dal quale il danno deriva, da attribuire sempre ed esclusivamente al soggetto delegato.
Occorre sottolineare come del tutto infondate e profondamente influenzate da gravi errori interpretativi sul fenomeno della delega amministrative sono le tesi secondo le quali il delegante rimarrebbe oggettivamente responsabile degli atti del delegato, in base alla disciplina del codice civile8.
Si tratta di un’interpretazione del tutto aberrante, dal momento che alla fattispecie della delega amministrativa non si applica in alcun modo la disciplina di diritto comune, contenuta nel codice civile. Il delegato, in altre parole, non è e non potrebbe essere un “rappresentante” del delegante, essendo la rappresentanza fenomeno assolutamente diverso.
Per altro verso, si tratterebbe di un’ipotesi di responsabilità oggettiva, che nel diritto amministrativo non è ammessa. Ai fini della responsabilità amministrativa, infatti, si applica il principio di personalità che implica la riconduzione diretta dell’azione od omissione causativa del danno, al soggetto che la compie.
1 Sezione I, 30 aprile 2001, n. 102/A.
2 Corte dei conti, Sezione II, 21 luglio 1997, n. 110/A.
3 Nello stesso senso, Corte Conti Sezione I, 14 giugno 1993, n. 90: del danno derivato all'ente locale dalla mancata adozione di provvedimenti repressivi di abusi edilizi è responsabile l'assessore delegato e non il sindaco delegante nei cui confronti, al più, può prospettarsi una corresponsabilità limitata all'ipotesi in cui specificamente investito di una questione abbia omesso di esprimere i necessari indirizzi.
4 Corte Conti Sezioni Riunite, 18 marzo 1996, n. 13/A
5 P. Sacco, Il profilo della delega cit., pag. 47.
6 Cassazione civile, Sezione Lavoro, 25 maggio 2000, n. 6882.
7 Pretore di Spoleto, 19 aprile 1997.
8 In tal senso si è espresso l’Anci, mediante il servizio Anci Risponde, nella seguente risposta al quesito 4.12.2001:
Si ritiene ammissibile che in una struttura organizzativa che prevede: a) responsabile di servizio, categoria D (posizione organizzativa); b) istruttore tecnico, categoria C, possa essere delegata al dipendente di categoria C l’intero procedimento relativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione DIA, ecc…) con la possibilità anche di emettere il provvedimento finale?
Risposta: in una struttura organizzativa che preveda un responsabile del servizio, Cat. D (posizione organizzativa) ed un istruttore tecnico, cat. C, a parere di chi scrive, potrebbe essere delegato al dipendente di cat. C l’intero procedimento relativo all’attività edilizia (concessione, autorizzazione, DIA, ecc.) con la possibilità di emettere il provvedimento finale, fermo restando che la responsabilità principale ai sensi di quanto previsto dal codice civile rimane in capo al delegante […]”.

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