La responsabilità del delegato e del delegante
La
configurazione del delegato come organo costituito ex novo, mediante
un provvedimento organizzativo di secondo grado, e non come
subordinato gerarchico del delegante o, ciò che sarebbe ancora più
riduttivo, mero esecutore della volontà del primo, determina
conseguenze precise sul regime della responsabilità per gli atti e
per i risultati connessi, responsabilità che deve essere
integralmente ascritta al delegato. Sul delegante, infatti, non può
che ricadere una più limitata responsabilità per culpa
in eligendi ed
eventuale culpa in
vigilando, oltre che
una responsabilità di carattere connessa all’eventuale carenza di
direttive.
Per
il resto, poiché il delegato è un organo autonomo e poiché, in
virtù di tale autonomia, costituisce, modifica o estingue situazioni
giuridiche soggettive in quanto titolare in via mediata della
capacità di agire in merito, risponde direttamente degli effetti e
della regolarità dei propri atti.
Occorre,
qui, ricordare che l'assegnazione della delega da parte del delegante
al delegato comporta da parte di quest'ultimo l'esercizio dei poteri
connessi in nome proprio e non del delegante. Per effetto della
delega il delegato diviene titolare in via derivata, anziché
originaria, di una competenza che rimane sua e che viene esercitata
dal delegato stesso in modo autonomo e con diretta assunzione di
responsabilità.
Non
sono, quindi, corrette le tesi secondo le quali il delegante
rimarrebbe comunque responsabile delle azioni compiute dal delegato,
come se quest'ultimo fosse un dipendente gerarchico del primo. Tali
tesi, in realtà, confondono la delega con l'esercizio dei poteri
organizzativi propri del rapporto di gerarchia propria o di
direzione, che si differenziano dalla delega proprio per il fatto che
non fanno scaturire una diversa titolarità di una competenza, ma
permettono al titolare in via originaria di tale competenza di
esercitarla direttamente, attraverso l'operato di soggetti, quali ad
esempio il responsabile del procedimento, che compiono alcune parti
dell'attività amministrativa, restando il titolare, tuttavia, sempre
l'unico legittimato ad adottare i provvedimenti finali e, quindi, il
responsabile ultimo dell'azione amministrativa.
Pertanto,
l'assegnazione della delega è atto molto delicato, che implica sia
l’accrescimento delle competenze del delegato, il quale assume vera
e propria natura di organo a rilevanza esterna, sia l’accrescimento
delle sue responsabilità.
Queste
conclusioni sono pacifiche in giurisprudenza. Secondo la Corte dei
conti1,
atteso che il delegato assume, per fondamentale principio del diritto
amministrativo, la responsabilità degli atti che compie in
attuazione della delega conferitagli e che al funzionario delegante
può, a tutto concedere, far carico soltanto un dovere di vigilare
sui modi di esercizio della delega stessa, non è possibile,
invocando l'eventuale responsabilità del delegante, porre in
discussione la legittimazione passiva del delegato nel giudizio
contabile.
In
maniera più radicale2,
si è stabilito che in materia di responsabilità amministrativa la
delega di funzioni rilasciata dal sindaco all’assessore libera il
delegante dalla responsabilità per danni al comune per omesso
puntuale esercizio delle funzioni medesime, purchè il delegante
stesso non sia esplicitamente coinvolto dall’assessore nella
questione3.
Questa posizione, però, non è pacifica, in quanto si è anche
stabilito che la responsabilità amministrativa per danno del sindaco
non resta esclusa dall'aver delegato settori di competenza ad un
assessore, in quanto l'autonomia del delegato non può mai stare a
significare annullamento totale delle responsabilità del sindaco
delegante che continua a qualificarsi quale centro di imputazione di
specifici e doverosi comportamenti per il solo fatto di aver
conferito la delega4.
Si tratta, comunque, di una specificazione valevole in particolare
per il ruolo del sindaco come responsabile complessivo
dell’amministrazione dell’ente.
Si
deve, però, ritenere che il profilo di responsabilità del delegante
sia necessariamente di minor portata rispetto a quello del delegato.
Infatti, è solo l’attività di questo che assume diretta rilevanza
giuridica nei confronti dei terzi. Il delegante, invece, pur avendo
generato l’atto di delega, dunque il presupposto per un eventuale
inopportuno o illegittimo esercizio della competenza da parte del
delegato, rimane al di fuori del nesso di causalità5
tra il danno e l’attività posta in essere dal delegato, proprio
perché questo svolge le sue funzioni in base ad una titolarità
temporanea, ma piena, della capacità di agire.
Si
è, pertanto, ritenuto6
che nell'ordinamento amministrativo - nella specie, nei rapporti tra
sindaco ed un assessore comunale - possono essere individuate una
delega di firma ed una delega di funzioni. Nella prima ipotesi,
l'organo delegante mantenendo la piena titolarità dell'esercizio di
un determinato potere, delega ad altro organo o funzione non titolare
dell'organo, il compiuto di firmare gli atti di esercizio di esso,
onde l'atto firmato dal delegato resta imputato all'organo delegante.
Nella seconda ipotesi, il delegato è investito del potere di
provvedere in nome proprio circa la materia oggetto della delega.
Pertanto, nel caso di illecito amministrativo, ove sia stata delegata
la funzione e non si sia in presenza di delega di firma, la
violazione non è imputabile all'organo delegante; nel caso di delega
della firma, si deve stabilire se, avuto riguardo a tutte le
circostanze del caso concreto, l'illecito possa essere addebitato al
delegante al quale l'atto deve pur sempre essere computato, almeno a
titolo di colpa.
Il
giudice ordinario7
tende a rinvenire la corresponsabilità dell’organo delegante
esclusivamente nel caso in cui sia stato investito della questione ed
abbia omesso di attivare i poteri di autorità delegante, vigilanza,
direttive e, al limite, di revoca della delega.
Nell’ordinamento
positivo esiste una disposizione espressa che conferma il regime di
responsabilità individuato dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Ai
sensi dell’articolo 18 del Dpr 3/1957 “l'impiegato
delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, è
tenuto a risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti da
violazioni di obblighi di servizio. Se l'impiegato ha agito per un
ordine che era obbligato ad eseguire va esente da responsabilità,
salva la responsabilità del superiore che ha impartito l'ordine.
L'impiegato, invece, è responsabile se ha agito per delega del
superiore”. V’è,
dunque, un chiaro principio generale di responsabilità piena ed
esclusiva del delegato nella cosiddetta delega interorganica, quella,
cioè, operante tra organi di uno stesso soggetto giuridico (che si
distingue dalla delega intersoggettiva, operante tra soggetti
diversi, come tra Stato e regioni, regioni ed enti locali, ecc…).
Alla
luce di tale principio generale, è da accogliere la tesi secondo la
quale il delegato, in quanto agisce come organo autonomo e dotato di
una competenza che è “istituita” con la delega e, dunque,
propria, si assume in prima persona la responsabilità degli atti
relativi e di tale responsabilità ne risponde esclusivamente. Il
delegante può essere chiamato a rispondere non per l’azione
illecita o illegittima del delegato, ma per eventuali proprie
responsabilità derivanti da mancata direttiva, mancato controllo,
mancata eventuale revoca della delega.
E’,
tuttavia, ovvio che l’eventuale responsabilità del delegante è
connessa sia al sistema da lui congegnato per verificare l’attività
del delegato, sia, comunque, all’adeguatezza dell’attività del
delegato ai principi di correttezza e buona fede. Si intende
sottolineare che se il delegante è del tutto estraneo al nesso di
causalità che lega l’azione, posta in essere dal delegato, al
danno, in quanto il delegato non abbia adempiuto ad eventuali
obblighi di preinformazione o, comunque, non abbia segnalato
possibili problemi relativi alla materia, non potrebbe che essere
chiamato a rispondere solo per colpa nell’aver mal selezionato il
soggetto al quale delegare le competenze. Ma, si tratterebbe di una
responsabilità sostanzialmente interna, perché a sua volta non
incidente sul nesso di causalità nei confronti del comportamento dal
quale il danno deriva, da attribuire sempre ed esclusivamente al
soggetto delegato.
Occorre
sottolineare come del tutto infondate e profondamente influenzate da
gravi errori interpretativi sul fenomeno della delega amministrative
sono le tesi secondo le quali il delegante rimarrebbe oggettivamente
responsabile degli atti del delegato, in base alla disciplina del
codice civile8.
Si
tratta di un’interpretazione del tutto aberrante, dal momento che
alla fattispecie della delega amministrativa non si applica in alcun
modo la disciplina di diritto comune, contenuta nel codice civile. Il
delegato, in altre parole, non è e non potrebbe essere un
“rappresentante” del delegante, essendo la rappresentanza
fenomeno assolutamente diverso.
Per
altro verso, si tratterebbe di un’ipotesi di responsabilità
oggettiva, che nel diritto amministrativo non è ammessa. Ai fini
della responsabilità amministrativa, infatti, si applica il
principio di personalità che implica la riconduzione diretta
dell’azione od omissione causativa del danno, al soggetto che la
compie.
1
Sezione I, 30 aprile 2001, n. 102/A.
2
Corte dei conti, Sezione II, 21 luglio 1997, n. 110/A.
3
Nello stesso senso, Corte Conti Sezione I, 14 giugno 1993, n. 90:
del danno derivato all'ente locale dalla mancata adozione di
provvedimenti repressivi di abusi edilizi è responsabile
l'assessore delegato e non il sindaco delegante nei cui confronti,
al più, può prospettarsi una corresponsabilità limitata
all'ipotesi in cui specificamente investito di una questione abbia
omesso di esprimere i necessari indirizzi.
4
Corte Conti Sezioni Riunite, 18 marzo 1996, n. 13/A
5
P. Sacco, Il profilo della delega cit., pag. 47.
6
Cassazione civile, Sezione Lavoro, 25 maggio 2000, n. 6882.
7
Pretore di Spoleto, 19 aprile 1997.
8
In tal senso si è espresso l’Anci, mediante il servizio Anci
Risponde, nella seguente risposta al quesito 4.12.2001:
“Si ritiene ammissibile che in una
struttura organizzativa che prevede: a) responsabile di servizio,
categoria D (posizione organizzativa); b) istruttore tecnico,
categoria C, possa essere delegata al dipendente di categoria C
l’intero procedimento relativo all’attività edilizia
(concessione, autorizzazione DIA, ecc…) con la possibilità anche
di emettere il provvedimento finale?
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