mercoledì 29 luglio 2020

Gli incrementi delle retribuzioni delle Posizioni Organizzative non sono fuori dal tetto del salario accessorio. Erronea la deliberazione della Corte dei conti, Sezione Campania 97/2020

Gli incrementi delle retribuzioni di posizione e risultato previsti dal Ccnl 21 maggio 2018 non possono escludersi dal tetto del salario accessorio.

Risulta visibilmente erronea e viziata da un approccio argomentativo viziato la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania 21 luglio 2020, n. 97, nella parte nella quale afferma che “non si debba computare nel nuovo tetto del trattamento accessorio, individuato mediante il coordinamento delle due richiamate disposizioni, il differenziale degli incrementi degli importi delle retribuzioni di “posizione” e di “risultato” delle PO, laddove gli enti si siano avvalsi della facoltà di aumentarli ai sensi dell’art. 15 del Ccnl”.

La Sezione Campania sostiene che le pubbliche amministrazioni avrebbero conservato una discrezionalità nel gestire gli spazi occupazionali, per effetto della quale gli aumenti del trattamento accessorio delle posizioni organizzative, di cui si occupa l’articolo 11-bis, comma 2, del d.l. 135/2018 possono essere “compensati” dalla riduzione del valore finanziario per le assunzioni. A tale scopo, richiama una precedente pronuncia della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia n.210/19/PAR. Ma, si tratta di un rinvio fuorviante, perché connesso ad una chiave di lettura riferita ancora al sistema normativo precedente a quello instauratosi con l’entrata in vigore del DM 17.3.2020.

La possibilità di escludere somme dal “tetto” delle assunzioni era ammessa solo nel precedente regime, nel quale dette assunzioni erano ritenute possibili nei limiti di un tetto di spesa corrispondente al costo delle cessazioni dell’anno precedente, cui aggiungere residui assunzionali del precedente quinquennio. Il legislatore aveva approntato una serie di esclusioni di alcune voci dal tale tetto di spesa, come, per esempio, quelle connesse all’assunzione delle categorie protette.

Il nuovo sistema costruisce le possibilità assunzionali sulla base del rapporto tra le spese di personale e la media triennale delle entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità dell’ultimo anno del trienno.

In questo rapporto entrano necessariamente tutte le spese di personale, definite dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del DM 17.3.2020, che comprendono anche il trattamento accessorio. Da qui, l’impossibilità di escludere alcuna somma.

Del resto, l’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del d.l. 34/2019, convertito in legge 58/2019, descrive il modo col quale il valore assoluto del trattamento accessorio può aumentare. Ciò avviene in via esclusiva determinando il valore medio pro-capite riferito all'anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018. Di tale valore medio, dispone la norma, i comuni (ma anche le regioni) debbono garantire “l’invarianza”.

E’ del tutto evidente che se gli enti incrementassero il salario accessorio delle Posizioni Organizzative, il valore medio pro-capite a sua volta aumenterebbe, violando la norma, a nulla rilevando il “finanziamento” di tale incremento derivante dalla simmetrica rinuncia ad una potenziale spesa per assunzioni.

Per altro, il DM 17.3.2020 prevede un rigido vincolo di destinazione: laddove un comune risulti virtuoso, con un rapporto spesa/entrate inferiore ai valori soglia previsti, può utilizzare gli spazi assunzionali solo ed esclusivamente per assunzioni a tempo indeterminato. Non per finanziare il salario accessorio.

Questo è finanziato esclusivamente con lo “zainetto” costituito dal valore medio pro-capite. Quindi, il valore assoluto del trattamento accessorio può crescere solo al crescere del numero dei dipendenti in servizio.

I comuni, di conseguenza, possono incrementare il capitolo di bilancio che finanzia le Posizioni Organizzative, aumentando i valori delle loro retribuzioni, solo garantendo l’invarianza del valore medio pro-capite del salario accessorio. Sicchè, l’aumento del trattamento delle PO deve simmetricamente ridurre il fondo del salario accessorio. Che è, per altro, quanto prevede espressamente l’unica norma applicabile nel nuovo regime per incrementare le retribuzioni delle PO: l’articolo 7, comma 4, lettera u), del Ccnl 21 maggio 2020, che riserva alla contrattazione decentrata l’incremento delle risorse destinate alla corresponsione della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, ove implichi, ai fini dell’osservanza dei limiti previsti non più dall’articolo 23, comma 2 del d.lgs 75/2017 ma dall’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del d.l. 34/2019, una riduzione delle risorse del fondo della contrattazione decentrata, per mantenere il valore pro-capite invariato.


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