Nel suo, come sempre strepitoso, post del 26.8.2021 su Phastidio.net, "Facciamo luce sui misteriosi tavoli del Mise", Mario Seminerio commenta così la "notizia del giorno" relativa alle schermaglie sulle norme, ancora in gestazione, anti delocalizzazione:
L'idea di obbligare le aziende ad assumere fa il paio con l'altra idea circolante in questi giorni: obbligare i percettori del Reddito di Cittadinanza ad accettare lavori stagionali.
Chi propugna simili levate d'ingegno non si rende conto, evidentemente, di un elemento fondamentale: piaccia o non piaccia, quello del lavoro è un mercato, con una domanda (delle imprese) ed un'offerta (dei lavoratori).
Perchè un datore assuma un lavoratore, quel lavoratore deve fornirgli garanzie di competenza e fiducia. Perchè il lavoratore sottoscriva il contratto col datore deve essere a sua volta persuaso del progetto lavorativo, delle condizioni di lavoro, del trattamento economico.
Le due parti debbono "piacersi". Altrimenti, semplicemente il rapporto di lavoro non si verrà mai ad instaurare, per assenza del reciproco consenso.
Per questo l'intermediazione del lavoro è complessa e difficile. Per quanto simile a molte altre attività di intermediazione, se ne differenzia radicalmente. Anche agenzie immobiliari, ad esempio, intermediano tra una domanda ed un'offerta. Ma, sia il venditore sia il compratore al momento di avvalersi dell'agenzia pagano, sanno che l'intermediazione ha un costo: hanno, quindi, tutta l'intenzione di concludere un contratto. Inoltre, il venditore non vede l'ora di ricavare il profitto, il compratore di assumere la proprietà dell'immobile, avendo magari per altro già contratto un prestito. Le caratteristiche dell'immobile al mediatore sono chiare: è evidentemente questione di tempo e di dettagli (non certo trascurabili) sul prezzo, le parti sono comunque determinatissime a chiudere.
Nel caso del rapporto di lavoro subentrano elementi come la fiducia reciproca personale, rapporti dunque tra persone, imponderabili, non standardizzabili. L'azienda, inoltre, deve fare tanti conti con molte incognite e si mostra guardinga: per questo è attratta da strumenti per mettere alla prova il lavoratore prima ancora e per periodi più lunghi della prova contrattualmente fissata.
Dunque, obbligare ad assumere, come obbligare ad essere assunti (cos'è? Lavoro coatto?) può sembrare un'ottima idea, ma non porta da nessuna parte.
Come evidenzia Seminerio, l'obbligo di assumere se non accompagnato dalla fissazione di una quota percentuale su un certo totale (il totale di tutti i dipendenti? Solo quelli a tempo indeterminato? E gli apprendisti, si contano o no? I dirigenti? Il part time incide o meno?) è impraticabile; anche fossero fissate delle percentuali, senza sanzioni, comunque, non funzionerebbe. Lo sappiamo con certezza, perchè è a dimostrarlo la lunga ormai esperienza della normativa sulle assunzioni di disabili e categorie protette, che ha un certo successo anche grazie all'apparato di controllo e sanzionatorio che la corrobora. E nonostante tale apparato, il collocamento mirato di disabili e categorie protette è estremamente faticoso e complicato, perchè comunque l'azienda non intende e non può assumere "chiunque", come anche il lavoratore non può essere coartato all'assunzione.
Questo vale a maggior ragione nel mercato ordinario del lavoro. L'azienda, pur obbligata ad assumere, può certamente non considerare utili competenze e profili dei lavoratori che qualcuno (chi, come, quando?) le indirizzerebbe per assolvere all'obbligo. I percettori di Reddito di Cittadinanza, pur obbligati ad accettare lavori stagionali, debbono comunque prima essere considerati appetibili e professionalmente idonei dal datore.
Imporre di assumere, come imporre di accettare proposte di lavoro, è solo una petizione di principio: se non si manifestano tutte le tantissime condizioni favorevoli all'attivazione del rapporto di lavoro, idee del genere confermano che si pensa al mercato del lavoro pensando sempre e solo ad una sola metà della sua composizione, o la domanda, oppure l'offerta. Senza mai porsi il problema del complicato ed oneroso modo di farle incontrare e conciliare. Ed è per questo che da decenni i sistemi del mercato del lavoro, della formazione, delle politiche attive, non funzionano: il Legislatore non ha la chiara percezione di quel che occorre fare.
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