Il Reddito di Cittadinanza continua ad essere analizzato in modo malevolo o, comunque, da "far notizia", come l'uomo che morde il cane. E l'intento di farne trarre un pre-giudizio comunque negativo è piuttosto evidente.
Traspare, per l'ennesima volta, sul Messaggero del 21.3.2021, nell'articolo di Francesco Bisozzi "Reddito, si cambia: chi trova lavoro mantiene il diritto per altri 6 mesi".
L'approccio del pezzo pare fortemente volto a fornire un'impressione fortemente negativa del Reddito.
Non si tratta qui di prendere le difese del Reddito di Cittadinanza, ma di provare solo a far comprendere che ragionare solo mediante la diffusione di slogan non porta da nessuna parte.
Una delle critiche più diffuse - sul piano sostanziale per altro in parte corretta - è quella che il sistema ha favorito prevalentemente assunzioni a tempo determinato. E' una critica solo in parte corretta, perchè non tiene conto che l'ingresso nel mercato del lavoro privato, piaccia o non piaccia, avviene nella grandissima parte dei casi mediante contratti flessibili.
Bene. La mini riforma apportata al Reddito prevede che laddove il beneficiario trovi un lavoro fino a 6 mesi e fino ad un reddito di 10 mila euro, terminata l'attività lavorativa continui a beneficiare del reddito.
L'articolo in commento, rinverdendo i fasti della retorica brunettiana 1-0, afferma che questo nuovo sistema serve per "stanare" i "fannulloni". Il messaggio è sostanzialmente: i percettori sono appunto dei nulla facenti e parassiti, pertanto occorre spingerli a lavorare e per evitare che la percezione di un reddito da lavoro possa azzerare il beneficio glielo si mantiene in caso di svolgimento di lavori a termine.
Ma, come? Il lavoro a termine non era un problema, nelle critiche al sistema sin qui svolte. E poi: non è chiaro che la spinta ai "fannulloni" è verso un lavoro non solo flessibile, ma sostanzialmente null'altro che un "lavoretto" a basso reddito. E' questo quello che si vuole?
Secondo l'articolo, sì. In sostanza, la spesa complessiva per il Reddito nel 2021 salirà a 8,5 miliardi. Una cifra che, a quanto pare, non ci si può permettere. Quindi, la missione è assicurare un lavoro, per risparmiare quanto più possibile l'erogazione del beneficio, puntando a far lavorare il 50% dei beneficiari.
Un momento. Fermiamoci ancora. Ma: se la somma di 8,5 miliardi non può essere integralmente sostenuta, allora perchè la si prevede? C'è o non c'è la copertura?
Se non vi fosse, sarebbe una scommessa abbastanza al buio, che non potrebbe essere sorretta da nessun punto di vista sulla base delle regole di finanza pubblica e sorprende, quindi, che la Rgs abbia "bollinato" questo punto del decreto sostegni.
La scommessa è al buio, perchè come già tentato di spiegare qui, l'intento del Reddito di Cittadinanza non è affatto quello di spingere al lavoro per "risparmiare" il beneficio.
Sicuramente l'impostazione del progetto è sbagliata proprio laddove confonde, purtroppo, politiche attive del lavoro con misure di sostegno sociale (lo abbiamo scritto, tra i primi, qui). In ogni caso, la funzione principale, essenza stessa del Reddito di Cittadinanza, è il sostegno economico alla condizione di povertà. La ricerca di lavoro è accessoria, importante, ma non sostanziale, proprio perchè il progetto non è una vera e propria politica attiva. Specie perchè attualmente, non essendo partito il sistema di attribuzione ai percettori dell'Assegno di Ricollocazione (dote che finanzia attività formative e di accompagnamento al lavoro), i beneficiari di Reddito di Cittadinanza non ricevono dal sistema nessuna particolare azione che ne agevoli l'assunzione.
Il Bisozzi rileva che sono "pochi" i 200.000 che al novembre 2020 risultavano aver reperito un lavoro, sugli 1,3 milioni di beneficiari potenzialmente collocabili.
Ma, l'Autore continua a non tenere conto di due circostanze fondamentali per provare ad affinare le valutazioni sul Reddito:
- siamo in una fase di crisi economica: pare francamente assurdo tacciare, in termini generali, qualcuno di essere "fannullone" se non lavora, visto che le imprese sono in estrema difficoltà, non hanno fin qui licenziato solo perchè vi è il divieto, ma comunque hanno fatto scadere centinaia di migliaia di contratti a termine. Reperire lavoro è difficile, purtroppo, per la fisiologica contrazione della domanda;
- i percettori del Reddito, in grandissima parte, sono persone molto fragili, sul piano sociale, degli studi e delle competenze. Si tratta di persone con problemi familiari ed economici evidenti, spesso senza mezzi di trasporto, con titoli di studio bassi o comunque non spendibili nel mercato, senza esperienze lavorative precedenti significative o del tutto privi, fortemente disorientati.
Pretendere che persone così fragili e poco spendibili possano essere tutte assunte in una fase di crisi in cui persino persone ben più qualificate hanno difficoltà è semplicemente velleitario.
Tanto che il rapporto tra le circa 200.000 persone che comunque un lavoro lo hanno trovato ed il numero di 1,3 milioni di beneficiari, in generale per altro certamente non disdicevole, appare perfino fin troppo lusinghiero.
Anche perchè, altra cosa di cui occorrerebbe tenere conto quando si analizzano i dati, il sistema computa i beneficiari potenzialmente avviabili al lavoro in modo "grezzo". Si utilizza, nella sostanza, un algoritmo che profila le persone sulla base di una serie di criteri; quelle considerate sulla base di ciò come potenzialmente idonei ad una ricerca attiva di lavoro, vengono avviate ai centri per l'impiego, perchè con essi stipulino il Patto per il Lavoro che regoli le modalità di ricerca di lavoro, guidate dai navigator.
Ma, l'algoritmo in sè è ovviamente fallibile, e, infatti, moltissimi sono coloro che nonostante la formale avviabilità al lavoro hanno talmente tanti punti di debolezza che non risultano segnalabili perfino nemmeno ai progetti di utilità sociale (i Puc), che i comuni stanno tentando di attivare.
In ogni caso, vengono trasmessi ai centri per l'impiego anche nominativi di: disabili, donne in gravidanza, studenti che frequentano scuole o università, persone con figli con meno di tre anni e bisognosi di costante accudimento o chiamate a carichi di cura di familiari disabili, persone in situazione di infermità, persone che frequentano corsi di formazione. Tutte situazioni che, insieme ad alcune altre, determinano o l'esenzione o l'esonero temporaneo dagli obblighi di ricerca di lavoro. E sono tantissime.
Dunque, l'avviamento al lavoro non può riguardare realmente il numero di coloro che l'algoritmo considera astrattamente come occupabili. Nè il percorso per l'occupazione può risultare immediato e veloce, vista la scarsa generale spendibilità dei beneficiari.
Insistere con la retorica del fannullonismo o pensare che il lavoro sia uno strumento per far risparmiare sul sostegno economico è un modo di concepire l'intervento per farlo fallire in partenza, distorcerne la funzionalità più ancora di quanto non sia distorta nella sua concezione.
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